Viaggiando s’impara

Un viaggio alle radici di un popolo che radici non ha

“È come avere 4 stagioni tutte in una giornata” questo è ciò che ci disse Abduh quando lo incontrammo. Ebbene sì! Il deserto, roccioso o sabbioso che sia, attraversa il grande freddo di notte, il lento riscaldarsi al mattino, il caldo forte dalle 11 alle 19 e poi il lento rinfrescarsi la sera…. Siamo a Sud del Marocco.

Hammada vicino a Merzouga

Questa sembra davvero un’altra terra, un altro pianeta…un altro popolo… più disinteressato a me turista, mentre pieno di voglia di conoscere me persona…
Il Sud del Marocco lo stiamo apprezzando molto di più: è ciò che andavamo cercando, lontano dai grandi centri, dalla caotica vita cittadina dove tutto è uguale ed io non ho identità. Qui io posso parlarti, e c’è tempo…per me e per te… Ringrazio.

Le dune e le nostre ombre microscopiche
Dopo l’alba coi miei piedonzoli nel deserto, Erg Chebbi

Sono stati giorni splendidi quelli che ci hanno trattenuto a Merzouga, sotto quel caldo sole cocente del deserto. Abbiamo potuto assaporare la pace del deserto, una pace che non perdona…sei tu che rendi grazie alle forze del cosmo che si manifestano in ogni istante, anche quando sembra tutto fermo, il vento soffia leggero e smuove la sabbia, cancella le impronte, cancella la storia…. Ma non la tradizione… Come avrebbe potuto vivere un popolo, se non in questo modo, una terra che gli ha insegnato a non guardarsi indietro, ma a guardare sempre avanti ed a non stabilirsi, ma a lasciar andare…

È questo il cammino nomade del popolo Amazigh (coloro che vennero soprannominati “berberi” dai francesi, come se conoscessero poco, pur non essendo così). “Amazigh” è l'”uomo libero” che abitò questa regione originariamnete e che si scontrò con molti invasori.

Bandiera Berbera, con al centro l’uomo Amazigh, che riunisce i popoli del Nord Africa

Qui abbiamo potuto conoscere davvero persone sincere, che ci hanno raccontano di come, a modo loro, vivono ancora un certo disagio berbero di popolo a cui è stata sottratta un poco di tradizione.

Il linguaggio che ci permetteva di comunicare è stato un misto tra italiano, francese, inglese, spagnolo ed arabo…e poi sguardo, sensazioni, sorrisi, musica e danze.

A spasso con O’n Ýel e Aūra

È stato qui che, a spasso in compagnia di Omar di Auberge le Caravane e di due simpatici dromedari dotati di una spiccata personalità, O’n Ýel e Aūra, abbiamo raggiunto una duna, molto alta ed abbiamo assistito ad un tramonto unico ed irripetibile mentre Omar si è dilettato nel realizzarci un book fotografico (senza che gli fosse stato richiesto, ma per suo unico piacere XD ).

Io, Mat e Omar
Tramonto nel deserto

In tale occasione ci è stato possibile percepire un’escursione termica tra il versante della sabbia esposta al sole e quello rivolto all’ombra: davvero impressionante.
È stato altrettanto impressionante ritornare a dorso di Aūra e O’n Yel quando l’ombra stava, oramai, guadagnando spazio fino a raggiungere l’orizzonte delle dune e contrastare il cielo.

L’ombra

Nei dintorni di Tazzarine, altro villaggio piccolo, ma piacevole, accogliente e circondato da catene montuose mozzafiato, abbiamo potuto osservare delle incisioni rupestri risalenti al 5000 a.C. ad Ait Ouazzik, quando ancora quella zona era una savana. Gazzelle, scimmie, giraffe, elefanti…fionde per cacciare, reti e trappole…erano queste le raffigurazioni che ricorrono su quei sassi scalfiti dalla silice ad opera di ominidi preistorici.

Grazie ai consigli della nostra guida abbiamo trovato la cooperativa agricola Aitmatne dove collaborano 15 persone che coltivano e lavorano l’henna e altre piante della tradizione berbera e araba e qui abbiamo bottinato un poco ;P

Alla cooperativa agricola Aitmatan in compagnia dei simpatici omini che vi lavorano

Qui abbiamo conosciuto un gruppo di ragazzi i quali si sono subito fidati di noi ed hanno confessato di esser felici di aver trovato degli amici. Persone semplici come noi che si divertivano con poco: a quanto pare non serve troppo per essere sereni 🙂
Uno di loro raccontava di come al tempo del colonialismo Portoghese e Francese quelle zone fossero povere e la gente non lavorasse per denaro, ma per cibo.
“Aprite le porte e fermate il vostro verbo”
Era questo il motto dei coloni in questi villaggi: lascio a voi ogni deduzione.
Vi incoraggio anche a pensare a cosa volesse significare non poter utilizzare la propria lingua per un popolo dove la conoscenza era, per lo più, tramandata oralmente…
Vittima di prepotenza da parte prima dei Romani, poi degli arabi, poi degli europei, il popolo berbero, ad oggi, trova difficoltà nel ricordare ciò che lo guidava, un tempo, attraverso il deserto e sulle montagne, alla ricerca di ciò che gli poteva garantire la vita. Ma non si abbatte, l’uomo libero mai si abbatte, e mantiene, con determinazione, il suo cammino perpetuo, i suoi valori, la sua capacità di leggere i segnali che gli arrivano dal cielo, dalla terra, da tutto ciò che li circonda, dalla Natura…definendoli come buoni o cattivi presagi…

Tutto questo si ripete, ancora una volta si ripete… Il nostro è un globo con diverse chiazze di colore. Ciascheduna chiazza è stata percorsa da esseri, i quali, su per giù, hanno dimostrato molti comportamenti in comune… Cosa vorrà mai dire tutto ciò?

Scorgere “ruderi” in questi luoghi è stato più frequente di quanto non lo possa essere in Europa: le case vengono costruite, il tempo scorre e si manifesta sulla loro forma…quando un’epoca è passata le case vengono abbandonate all’erosione dei fenomeni atmosferici e si vedono muri di un impasto terroso colati senza più un tetto che li protegga.
Tutto questo, circondato talvolta dalla vegetazione o dalla sabbia e dalle rocce, crea un effetto affascinante e di armonia.

Ciabattino di N’kob
Io che cammino nel palmeto

Anche la visita a N’Kob si è rivelata decisamente piacevole: primo palmeto che ci ha riparati dal sole durante l’ora di pranzo i 45 ksour in mattoni crudi della quasba ancora intatti e un ciabattino dannatamente bravo che produce calzature comode, seguendo i modelli tradizionali, riutilizzando materiali, ad esempio i copertoni delle ruote delle auto come suola.

Le quasbas

Conoscere queste “genti” è difficile, quasi impossibile, tanto quanto può parere assurdo, alle orecchie di un europeo, ricevere differenti versioni della storia da parte di diverse famiglie.

Sul cammino tra Agdz e Tazenakht abbiamo “soccorso” un ragazzo, Omar, che aveva l’auto in panne poiché gli mancava gasolio. Donatogliene un po’ voleva ringraziarci e, nonostante abbiamo tentato di fargli capire che per noi era sufficiente la sua riconoscenza, lui ha insistito perché andassimo dalla sua famiglia per darci un dono o per mangiare con loro. Dunque abbiamo accettato. Una famiglia abbastanza numerosa e subito molto accogliente: il thè alla menta è stato d’obbligo. Durante il sorseggiare i racconti galoppavano.
In ogni caso i marocchini sono proprio buffi: alla fine ci siamo ritrovati con il padre di Omar, (intermediario tra le tribù berbere di pastori delle montagne e le donne operose del villaggio, nonché commerciante di tappeti), il quale avrebbe voluto che noi gli acquistassimo un tappeto XD
Come bel finale la cena in compagnia di tutta la grande famiglia è stata squisita, con pane appena fatto nel loro forno a forma di scodella e tajine con verdure provenienti dal loro orticello.

Sfiancati dopo aver ballato la Trance-music nell’hammada XD

E le ruote del carro girano, girano… Merzouga, Tazzarine, N’Kob, Agdz, Taroudant… Ognuna di loro con una sua bellezza, con i suoi ricordi, il suo colore, il suo orizzonte…ed, ovviamente, i suoi abitanti… Siamo a più di metà del nostro viaggio e ci sembra sia passato così in fretta…
Da qui in avanti sarà la costa oceanica ad ospitarci e questa notte la trascorreremo in una valle il cui nome è tutto un programma: Vallée du Paradise.

Grotta nella Vallée du Paradis, Agadir

Buona notte!

Ed il carro porta a spasso in Nord Africa

È il volto di una bambina che ci attraversa la strada puntando la mano per indicarci di fermare la vettura proteggendo sua madre.
È la gioia di un momento di sole splendente in cui troviamo una fonte d’acqua pura sull’altopiano innevato e realizziamo di poterci fare una doccia dopo più di una settimana di privazione.
È, ancora, lo sguardo generoso di un’infante che ci porge una busta per raccogliere il pane appena acquistato…
È la terra rossa che si alterna agli ulivi su pendii poco frequentati.
È lo sguardo di un ragazzo che si leva la “maschera” di rivenditore e mi sorride quando anche io, guardandolo bene negli occhi, gli rivelo ciò che penso.
È l’aria fresca della montagna che ti risveglia i sensi dopo giorni di stordimento cittadino.
È il richiamo alla preghiera che ci sorprende cinque volte al giorno e ci ricorda di rendere grazie.
Sono le gole in un deserto roccioso che attraversiamo prudentemente, fiduciosi che un antico ponte in legno possa sorreggerci.
È guidare su una strada che si perde all’orizzonte e si fonde con il cielo.
È l’osservare villaggi di fango, sassi ed erba secca ed i loro abitanti che resistono al freddo ed al caldo.
Sono le parole di chi incontriamo, in lande desolate, che ha voglia di conoscerci.
È il mistero che avvolge una terra e la cultura degli abitanti che la abitano.

È forse tutto questo ciò che andiamo cercando?

È tutto questo, e molto altro, che scandisce le nostre giornate da una decina di giorni oramai: siamo in viaggio, ancora una volta, ma in modo diverso.
Questa volta è il mitico Furg-one a portarci a spasso e le nostre mete spaziano tra i confini di una terra magnifica, accattivante e un po’ curiosa: il Marocco.

Catenaccio nella Medersa Bou Inania, Fez

Dopo un percorso in traghetto di due giorni dall’Italia, in compagnia di famiglie dirette al loro Paese d’ origine, siamo sbarcati lo scorso 20-01-2020 a Tangeri Med grande porto dirimpetto a Gibilterra.
Ed è qui che parte il cronometro che misura la nostra permanenza in Marocco: le quattro ruote ci hanno già portato a visitare Totouane, Chefchaouen, Moulay Hydris, Mekness e Fez. Queste città, tra grandi e piccine che siano, ci hanno introdotto a quella che è la vita nella Medina (=la città vecchia dei Paesi di origine araba): vicoli stretti e case drammaticamente contigue che lasciano spazio, lungo le vie più dirette, a botteghe di articoli di artigianato (quali tappeti, tuniche, ciabatte, borse e quant’altro), prodotti per il benessere (come oli pregiati di Argan, saponi, profumi, kajal, henna e molto di più) e, per fortuna, anche cibo e spezie. Il tutto condito con una colonna sonora di musica tradizionale, piuttosto che di letture coraniche per i più appassionati, e ristoranti a tutto spiano che emanano aromi dall’effetto aperitivo. In questi luoghi ci è più volte capitato di attendere che il bottegaio tornasse dalla preghiera alla moschea.

 Mat a Chefhaouen

A chi pensa che il Marocco sia sole, mare e caldo dico che abbiamo già attraversato e dormito circondati dalla neve su monti alti intorno ai 2000 m slm e guidando continuiamo a fare su e giù dai pendii scorgendo attorno catene montuose innevate che si aggirano sui 4000 m slm.

Lago ghiacciato attraversando l’Atlante innevato

Infatti il Marocco è un Paese densamente concentrato di catene montuose tra cui quelle che abbiamo attraversato: il Rif a Nord e l’Atlante che lo taglia tutto al centro. Siamo fortunati, infatti, di non capitare in un periodo di bufere, durante il quale avrebbero necessariamente dovuto chiudere le strade per permettere agli spazzaneve di pulire e, trattandosi delle uniche vie di comunicazione tra grossi centri, alle ambulanze di poter circolare senza lunghe code di gente locale in cerca di “pupazzi di neve”.

Io e Mat ad Aoulì: caldo bestia di giorno, freddo peso di notte

…Scimmia? Chi ha mai visto una scimmia in montagna con la neve?
Alziamo la mano!
Ebbene sì! In Marocco è ancora possibile vedere sull’Atlante esemplari di macachi berberi, anche detti bertucce. Comitive di persone si accostano lungo la strada per osservarli facendoli avvicinare con del cibo (azione che mira poco a salvaguardare la loro sicurezza, rendendoli più facilmente preda di bracconieri).

Non solo questo: anche il deserto riesce a toccare il Marocco! L’altro ieri abbiamo guidato attraversando le gole di un deserto roccioso (hammada) alla ricerca di un villaggio abbandonato chiamato Aoulì, nella provincia di Midelt.

Deserto roccioso nei dintorni di Midelt

Uno scenario mozzafiato che ci ha condotto, oltrepassando miniere di piombo ormai in disuso dal 1975, a incontrare Abdu e la sua famiglia che ci hanno offerto un thè nella loro casa chiacchierando del più e del meno. Questo ragazzo 22enne conosce inglese, francese e sta imparando il tedesco, tutto questo studiando su alcuni libretti che ha in casa. Abdu ci è venuto incontro appena giunti al villaggio spinto da una grande voglia di parlare e fare pratica.

Aoulì

Durante la nostra uscita abbiamo incontrato il maestro della piccola scuola del villaggio che insegna ai bambini delle famiglie rimaste. Egli ci ha spiegato che la quasba di quel villaggio era stata abitata da coloro che lavorarono alla miniera delle gole di Aoulì la quale era stata fondata dai francesi nel lontano 1925 quando questi vi avevano trovato giacimenti di piombo. Poi, una volta esaurita questa risorsa nel 1975, queste miniere erano state chiuse. Ad ora vi è una miniera in un villaggio vicino dove viene estratto il vanadio.

Se mi avessero detto che quella zona potesse essere ricca dal punto di vista minerario, a giudicare dalla modestia delle abitazioni e di chi le vive, non vi avrei probabilmente creduto. Tuttavia, per gli appassionati di minerali, lo è.

Valle del Ziz

È passata poco più di una settimana e la nostra voglia di scendere a Sud ci ha mossi dal mare, ad alcune tra le città imperiali, ai monti innevati, al deserto roccioso, alla Valle di Ziz per addentrarci in altre due quasba abbandonate e oramai consumate dagli agenti atmosferici e dal tempo. Una di queste si trova ad Ifri, l’altra a Meski, non troppo lontana dalle sorgenti del fiume Ziz.

La quasba di Ifrì, Valle del Ziz

Entrare nello spazio delimitato da quelle mura di terra impastata con paglia e sassi e vedere le stanze e come tutto fosse costruito in miniatura, a causa delle esigenze del tempo, ci ha permesso di immaginare come quelle persone potessero vivere. Un uomo che gestisce una locanda a Ifri ci ha raccontato che in tempo di guerra la gente si era rifugiata all’interno di questa quasba fin tanto che, quando il conflitto era cessato, la quasba era stata abbandonata permettendo agli abitanti di vivere in case più ampie.

In visita alla qasba di Ifrì

Roteano roteano le ruote del carro…

Quasba abbandonata di Meski

… Ed oggi… beh oggi siamo alle porte del deserto…Merzouga ci aspetta!

E da qui in poi, per chi vuole, sarà un piacere potervi raccontare…

Io e Mat alle sorgenti di Meski

M’a ssalama!
Arrivederci!
E a risentirci!

Rientro dall’Indocina

Muscat aeroporto, Oman, 20/02/2019

Non possiamo crederci sia già finita…forse perché in realtà non è finita per niente quest’avventura…

Lasciata Bangkok questa mattina, molto prima che facesse alba: gli zaini sono apparsi più leggeri di quando ce li eravamo caricati in spalla 85 giorni fa… Non si tratta di oggetti, bensì di attitudini che, con determinazione, abbiamo lasciato alle spalle: di fronte alle difficoltà avremo dei ricordi a cui attingere per trovare la forza e la chiave per superarle… E continueremo ad imparare al nostro passo, a vedere con i nostri occhi.

Graffiti

Ritornare a Bangkok nei giorni scorsi per prepararci al rientro è stato, inaspettatamente, piacevole (esclusa qualche occasione in cui siamo rimasti incastrati nel “carnevale” di turisti: locali ed attività pensate per loro).

Bar-auto sulla strada: take it easy!

Rivedere i posti della città visitati i primi giorni del viaggio con altri occhi, dopo avere incontrato alcuni tra i luoghi più remoti del Sud Est Asiatico, aver visto come vive la gente là ci ha donato una chiave di lettura per trovare spiegazione o porsi domande su come si sia potuto evolvere tutto in quel modo….sul perché di alcune loro azioni, visioni, concezioni…

Statue votive nel quartiere di botteghe dedicato, Bkk

Le persone in questi luoghi sono indubbiamente belle…

Bottega di erbe medicinali della tradizione thai
Tartaruga nei canali attorno ad un tempio
 Canale, battellino e gente di Bangkok
Bottega del ferro riciclato Bkk (posti assurdi)
Contrasto tempio-pubblicità
Meak Bochea, festività buddhista: riunione spontanea dei monaci attorno agli insegnamenti del Buddha durante il plenilunio

Ci troviamo in Oman, all’aeroporto nuovo di zecca di Muscat, dove attendiamo l’aereo di coincidenza per l’Italia, Milano Malpensa. Chi ci circonda sono specialmente persone locali vestite con abiti tradizionali, tuniche, turbanti, veli… Vediamo occhi di volti curiosi che si celano dietro a teli neri…
Talvolta uno scalo in aereo può risultare tanto interessante.
È ora dell’imbarco e ci dirigiamo tutti sull’aereo.

21/02/2019

Siamo in Italia…
L’aria è più frizzante, ce ne siamo accorti già usciti dall’aeroporto ieri sera.
Sono bastati 10 minuti una volta scesi dall’aereo per rendersi conto di essere tornati qua: la cafoneria, non il rispetto del diverso, si sono manifestati al ritiro bagagli, quando un ragazzo frustrato che lavora lì a Malpensa si è rivolto in Italiano ad una famiglia indiana che non capiva la lingua…
Come fare a superare la frustrazione? Dovrebbe avvenire un cambiamento culturale nel nostro Paese…Chissà se ce la faremo…basterebbe metterci un po’ di volontà anche di condividere le proprie pene con gli altri e sentire e vedere gli altri e le loro pene…
Siamo fiduciosi!

Al risveglio stamani mi è stato inevitabile pensare all’Indocina da cui siamo appena tornati e ripercorrere le tappe.

Ricordo i volti di chi abbiamo incontrato e con cui abbiamo condiviso qualcosa….È semplicemente stupendo…
Ve le vorrei scrivere, descrivere, mostrare, spiegare di come li abbiamo conosciuti, di ciò che sappiamo e di ciò che abbiamo potuto intuire di loro… Ma temo che potrebbe risultarvi un tantino noioso.
Preferirei raccontarvi tutto di persona con la mia mimica sfacciata e spontanea e lasciarvi la curiosità di incontrarli voi stessi senza che io vi riveli tutto quanto!

In questo viaggio abbiamo potuto immortalare in una sfilza di fotografie momenti, luoghi, persone che ci colpirono…
Ma quello che davvero mi porto nel cuore sono le fotografie ed i video non fatti delle occasioni in cui abbiamo preferito goderci e vivere completamente l’attimo senza distrarci dietro l’obbiettivo…Saranno queste che custodiremo nella nostra storia… Saranno questi ricordi che ci faranno brillare gli occhi nel raccontarli… Saranno queste alcune tra le memorie più preziose che coroneranno la nostra vita…

Rendiamo grazie!

E ringraziamo voi che avete voluto seguirci, che avete voluto condividere con noi una tale esperienza! La mia speranza è che in qua ed in là abbiate potuto sentirvi un po’ lì con noi…non invidiandoci, ma, anzi, trovando uno spunto per poter partire in esplorazione anche voi.
Io vi ringrazio perché, sapendo di voi, ho trovato, in alcuni momenti duri, la forza di scrivere…di raccontarvi…e vi ho sentiti vicini…
Grazie!
Kòrp jai!

A presto!
Sabai dee!!

E state sintonizzati sul blog che ce ne saranno di nuove!

Il tempo gocciola e tiriamo le somme

Il tempo ci sfugge di mano…

Siamo a pochi giorni dal termine…E non ci par vero…dopo due mesi e mezzo a rincorrere le tappe del nostro grande “loop” (giro) abbiamo deciso di prenderci queste ultime due settimane thailandesi per riposare e ripercorrere i passi effettuati, le scoperte realizzate…le rivelazioni ottenute…

Mi guardo allo specchio e, ammetto, posso vedere i segni di questi tempi percorsi: sono ancora io, ma diversa.

Il viaggio ancora non è concluso e chissà cosa ci aspetta per i prossimi giorni: c’è sempre qualche colpo di scena dietro l’angolo. Qualunque cosa, pur semplice che sia, può rivelare un messaggio, può sussurrare un segreto, mostrarti una via… può generare uno shock, può rincuorare, coccolarti e farti sentire a tuo agio… Tu devi solo “essere” e intuire quanto puoi tenerti “aperto”, oppure se è meglio “chiudere” un po’… La porta del cuore, la porta dell’anima…solo tu sei in grado di esserne…”La portinaia!” (sorriso sul volto di chi è appassionato dei vecchi Giacomo e gli altri due)….torniamo a noi…

Pai: lungofiume

Ci troviamo a Pai, Thailandia: è un posto parecchio turistico, è vero, ma qui, come a Chiang Rai (tappa precedente) stiamo trovando la situazione ideale per permetterci di osservare, di osservarci.
Abbiamo preso alloggio al KK Hut: un delizioso e, ovviamente, economico gruppo di capanne con l’amaka sotto il portichetto. Leggere, scrivere, approfondire, dialogare ed, anche sì, un po’ di esplorazione sono le attività che ci occupano le giornate…

A nord di Pai

Pai è una cittadella tranquilla dove è possibile trovare il centro della vita notturna, evitabile a piacimento, e la parte dedicata ai dormitori dove la vita è davvero piacevole; in ogni caso gli edifici sono bassi e questo lo apprezzo.
È contornata da un terreno montuoso dove è possibile vedere il cielo, albe e tramonti.

…questo è tutto mio…questo è tutto nostro…

Ci sono attività sportive ed anche attrazioni naturali come caverne, cascate, un Canion, geyser, e sorgenti di acqua calda… Non volendo mettere troppa <>, ci limiteremo a visitare le novità… Non vogliamo correre.

Piccolo geyser: se avete due uova da bollire…..

Siamo molto grati per questa opportunità vissuta fino ad ora e pieni di entusiasmo per l’avvenire.

Cecati dal sole delle 11

C’è il koreano che suona e canta un malinconico rock, scandendo la mattina, il pomeriggio, la sera con musica e meditazione… C’è il britannico venuto qua per espiare qualcosa, cercare un po’ di stabilità per la sua vita nella quiete di questo luogo… Ci sono state le coppie di giovani russi: tranquilli, entusiasti di esplorare e con lo spirito giusto… C’è stato l’uomo “inquadrato” di mezza età: imbarazzato al contatto, si teneva aggiornato online e tentava di adattarsi ad una vita ridotta ai minimi termini… C’è la donna dipinta di anni ’70: passeggia in riva al fiume che scorre…ed ancora, ed ancora…e poi…
… Poi ci siamo noi… come eravamo ci conoscevate…come siamo ci conoscerete!

Aggiro per Pai… Ci piacciono i fiumi come avrete notato…
Un esemplare di elefante e la sua “caccotta”
Ta Pai memorial bridge
Monaco viandante a spasso
Pai canyon
Tramonto al Pai canyon
Alla hotspring nella riserva naturale a Nord di Pai
Angolino “spaziale” nelle campagne di Pai
Io sotto la nostra capanna
…guardando dall’alto scorsi in lontananza…

Le ultime tappe laoziane

E così è successo: abbiamo lasciato il Laos.
Il tempo là è stato così magico, così appagante, le persone belle, i paesaggi mozzafiato, le esperienze “fullfilling”….che non ho praticamente mai avuto modo di aggiornarvi. Il Laos ci è piaciuto talmente tanto che ci sembra ieri quando siamo entrati nel Paese…il tempo lì è trascorso piu velocemente… è un’ingiustizia!

La capitale era un “must” da visitare dunque dopo Tham Kong Lor ci siamo andati. Là abbiamo visitato templi in città e fuori città…abbiamo risolto un piccolo problemino burocratico ,(estensione del visto), ed abbiamo visitato uno dei monumenti più importanti del Laos: lo Stupa dorato Pha That Luang.

Lo stupa dorato
Buddha Park

Da lì ci siamo spostati a Vang Vieng. Attorno a questo luogo abbiamo compenetrato le buie viscere della terra. Infatti anche qui, come a Kong Lor, le montagne rocciose a strapiombo sono state modellate internamente da penetrazioni acquose lente e profonde…
Non siamo riusciti a fermarci dietro i divieti o a seguire il consiglio di non andare oltre… Quello che ci ha spinti a strisciare, talvolta, per raggiungere le camere successive delle caverne, forse, è stata la consapevolezza che quei momenti ERANO, che non potranno essere più, e che li stavamo vivendo noi, lì…nessuno ce li aveva raccontati.
Curiosità, stupore, paura, talvolta, ci hanno fatto sentire vivi…e me la ricordo la connessione che ho provato in quei momenti con la Natura.
Non ci sono altre parole da aggiungere.

Hoi Cave

Cristalli residui sulle pareti di Hoi Cave: un’emozione indescrivibile

Blue lagoon 4: che bei salti!
Quando ci siamo “persi” in mezzo alle risaie
Aracnidi che si possono trovare al buio nelle caverne

Nell’ultimo periodo siamo stati a Luang Prabang, una città coloniale francese: un gioiellino!
Ci è servito un po’ ricominciare a tastare un po’ di Europa per prepararci all’imminente partenza….
Luang Prabang è una meta desiderabile ed alla portata di coloro che vogliano cambiare aria, ma non abitudini: infatti offre tutto ciò che un europeo potrebbe ritrovare in patria, ma in una dimensione accogliente, dove tutto è raggiungibile a due passi e dove i Laoziani sembrano stare divinamente….
Ci è sembrato di trovarci a Spectre: chi ha mai guardato “Big Fish”, (capolavoro di uno dei miei registi preferiti), potrà intendere la sensazione.

Ponte in bamboo di attraversamento del Mekong
Barche al tramonto
Auto d’epoca fuori da un’hotel
il nostro amato mercato dell’alba
Vista della città dalla collina Phou Si
Raffigurazioni sulla facciata di uno degli svariati templi della città
Scatto: The story telling

Ad una trentina di km da Luang Prabang si trovano la cascata Kuang Si. Abbiamo avuto la gioia di visitarle e venire “spruzzati” dalla sua potenza. A qualche km a piedi piu su delle cascate è stato possibile vederne anche la sorgente: una pozza d’acqua, apparentemente, calma.

La parte più alta delle cascate

È stata una piacevole sorpresa trovare lì, dentro il Parco delle cascate una riserva di orsi a tremendo rischio di estinzione nelle foreste del Lao, il Moonbear. Queste creature sono cadono nelle avide mani dei bracconieri che li cacciano per le loro zampe (usate per la preparazione di zuppe) e per la loro bile (che viene usata in Medicina tradizionale cinese per la cura di patologie epatiche e per rinforzare il fegato). Povere creature… Nella riserva ne abbiamo visti cinque, ciascuno con un nome e delle abitudini ed attitudini.
Simpaticissimi!

Moon bears della riserva

Una Natura incredibile…
Ragazzi!
Ma che ve lo racconto a fare?!?
Dovete veniiirciiii!!!!

Ficus altissima che culla Mat

E non è finita qui!!!

Subito dopo Luang Prabang abbiamo viaggiato a Luang Namtha!!!! Pensavamo di non riuscire a permettercelo, invece siamo riusciti a partire per una spedizione nella giungla del Laos in zone a pochi (dico davvero pochi) km di distanza dalla Cina. Nella spedizione eravamo in tre coppie e due giide locali. Ho chiamato la spedizione “coping with joy and health the next goal”, vorrebbe significare nel mio inglese un po’ maccheronico “perseguire con gioia e salute il prossimo obbiettivo”… Questo perché i momenti di peircolo ci sono stati: una coppia di ragazzi faceva fatica a reggere il passo su per le scoscese pendici della giungla Nord della Nam Ha National Protected Area, mentre io, il secondo giorno, ho dato spettacolo con un fantastico capitombolo dopo che unaporzione di terreno ha ceduto sotto i miei piedi. Per fortuna tutto apposto 😉

Eccola qua un po’ di giungla
Il torrentello nella giungla

Durante la camminata abbiamo visitato dei villaggi i cui abitanti appartengono ad alcune delle minoranze etniche laoziane. Un villaggio Taidam dove abbiamo cantato, ballato e mangiato e sorseggiato con gli abitanti generosi in occasione del Capodanno della loro etnia e due villaggi Akha. Abbiamo dormito in uno di questi ospitati da una famiglia.
Abbiamo anche avuto tempo prima del pranzo su foglie di banano, il secondo giorno, di fare un bagno nelle GELIDE acque rivitalizzanti di una cascata.

Il bagno nello specchio della cascatella
Bestiolotte maialose all’homestay
Usciti dalla foresta alberi di caucciù

E ce ne sarebbero altre ed altre ancora….quanti volti abbiamo incontrato, quante presenze simpatiche…
…ma il sole oggi è tramontato per noi in Laos e siamo già in Thailandia. Un giorno per noi il sole del Laos sorgerà di nuovo…
Quante cose ancora da scoprire!

Tham Khong Lor, Laos: tra Natura e…magia

19-01-2018

Il gallo ha cantato…

È ora di alzarsi: son le 5:30 del mattino, anche la sveglia ha suonato.
Cominciano presto le giornate a Kong Lor, il villaggio dove ci troviamo da un paio di giorni.

Uno spettacolo.

Il fiume scorre giusto a una decina di metri giù, sotto la casa a palafitte dove ci troviamo.

Arrivati il 17 gennaio nel tardo pomeriggio abbiamo trovato una simpatica famiglia tra i vari homestay che il villaggio offre insieme a qualche guesthouse…
Abbiamo subito capito che era la famiglia che faceva al caso nostro: un vecchio signore affacciato alla veranda della casa sollevata 3 m da terra ci guarda e ci dice: “Homestay.”. Ci rivolge dei gesti accompagnati da suoni labiali, batte le mani e sorride. Ripete l’operazione. Ciò che ci vuole dire è che per stare da lui pagheremmo 50000 kip (poco meno di 5€) ciascuno per mangiare e dormire da lui. Era fatta!

Entriamo e l’uomo ci apre una piccola stanzetta adiacente, ma indipendente, alla sua casa dove potremo dormire.
L’uomo, che si chiama Suòn, comincia ad aprire delle buste di cellophane che contengono materasso, cuscini, coperte…tutto il necessario per permetterci di dormire comodamente!
Mat dà lui una mano a disporre il letto e tutto il corredo: un’esperienza divertente, ha detto.
Il Sole tramonta dietro colori incredibili, nuvolette e montagne mozzafiato e noi ne godiamo…
Suòn nel frattempo gesticola (parlando la sua lingua) con me e mi dice di avere 83 anni e chiede la nostra età. Non avrei davvero potuto immaginare avesse 83 anni!
È pronto da mangiare e ci invita ad entrare nella sala, luogo adibito a tutti i momenti della giornata nelle case laoziane, anche a dormire. Nella sala sono appese cornici con fotografie di lui e sua moglie da giovani (due figurini) e di una delle tre figlie, la quale pare una modella, l’unica che vive a Tha Khek.
Accanto ai nostri cuscini, dove difenderemo a mangiare, ci sono i tipici khao niao, cestinetti con coperchio dove i laoziani son soliti disporre, avvolto in foglie di banano, lo “sticky rice”, un riso colloso, appiccicoso, delizioso che accompagna ogni pasto, come companatico. Ci sediamo sui cuscini ed arriva una donna anziana, tutta ricurva su sé stessa, che porta un enorme vassoio con piedistallo pieno di ciotole di cibo.
Inaspettatamente succede qualcosa: Suòn si inginocchia accanto a Mat, mentre la signora, Buùn, si siede accanto a me. Aprono il khao niao prendono un po’ di riso e ce lo appallottolano ben bene sulla mano destra. Suggeriscono poi di prender l’uovo alla cock e di metterlo sopra il riso nella mano, lo schiacciano, poi prendono dei fili bianchi di cotone e ce li legano attorno al polso recitando insieme qualcosa…poi si scambiano e fanno lo stesso lei a Mat e lui a me…

Ai miei occhi erano già degli sciamani…

Ci apprestiamo a mangiare ringraziando.
Ovviamente leccornie tipiche.
A poco a poco una delle figlie si avvicina e si inginocchia: dopo poco ci ritroviamo attorniato da diversi volti tutti affascinati dal nostro appetito e da come gradiamo il cibo. Così è andata la prima sera e così la seconda…Ci aspettiamo si ripeta anche la terza: quando non c’è la televisione, ma ci sono gli stranieri, come meglio passare il tempo?!?

(…)

23-01-2019

E così fu…

Più li guardo e più mi accorgo dei loro modi di fare, delle loro azioni e come si muovono… vedo la scia di energia che si portano dietro… Mi trasmettono qualcosa di magico e misterioso, pur nella loro semplicità fatta di carne…

E l’intuito non tradisce…
La seconda sera durante la cena arriva una donna: è la seconda figlia. Porta un piccolo cestino di latta con fiori, candeline e fili bianchi di cotone…
Ci fa intendere che ha mal di denti…
Noi salutiamo e continuiamo a mangiare…
Il mio sguardo indagatore li osserva e, tutto ad un tratto, inaspettatamente, Suòn, che stava “armeggiando” con una candelina gialla arrotolata, se la infila, ACCESA, in bocca e poi soffia sulla guancia della figlia…

Astonished!

Lo ripete tre volte…
Il centimetro era un’offerta perché Suon potesse soffiare via il male!!!

Godo!

L’ultima sera è stata un’ottima occasione per fare qualche foto ricordo e un momento speciale, poiché è stato il momento in cui abbiamo consegnato alla famiglia un foglio dove avevamo scritto in laoziano (ogni tanto bisogna cimentarsi anche in quello che non si conosce) i ringraziamenti alla famiglia per l’ospitalità e che gli vogliamo bene…

Noi tutti
La cucina e i capi famiglia
Il biglietto di ringraziamenti consegnatogli

Gli vogliamo davvero bene…Una famiglia davvero dolce…due vecchietti forti, pur con i loro acciacchi, e con uno spirito sereno…
Non parlavamo lo stesso linguaggio verbale…ma, il più delle volte, quando ci guardavamo con il cuore ed eravamo ben attenti, ci siamo capiti… e ci siamo scambiati emozioni.

Sono certa che qualunque famiglia avessimo scelto sarebbe stata speciale, ma noi abbiamo scelto loro…Ci siamo sentiti chiamati….

Come mai ci trovavamo a Tham Khong Lor?

Beh semplice: poiché è casa di uno dei patrimoni della Natura!
Infatti qui si trova una delle caverne più spettacolari che abbia mai visto nell’intera vita: vi invito a visitarla quando ne avrete l’opportunità!
Rimarrete incantati dalle meraviglie che la Natura può! Seduti su una barca, che scivola nelle ombre e nel buio più profondo della Terra, troverete quello che il Tempo, con pazienza, ha potuto creare… un habitat per creature che appaiono nelle favole e nelle fiabe…. E non sarà importante solo ciò che potrete vedere, ma ciò che percepirete, le emozioni che il vostro cuore proverà, le sensazioni di un’avventura che, un tempo, costituivano la nostra quotidianità, ma che ora non siamo più abituati a vivere… E la fantasia sarà libera di creare realtà immaginarie, un tempo verosimili…sarà libera di assaporare, di nuovo, quello che le manca da tanto tempo…ricordando quei tempi sepolti nella Memoria dei nostri avi…e nella Memoria di ciò che siamo stati quando ancora non pensavamo sarebbe stata storia…

Entrando la caverna
Dentro la ccaverna in continua formazione
Stalattiti, stalagmiti ed altre formazioni carsiche
Wao!!!

Sarete lì: con la mente, con il corpo e con la vostra anima… Non fuggire con il pensiero… perché dovrete essere vigili insieme a chi guida la barca, che ogni giorno deve adattare il percorso in base al livello dell’acqua che cambia a seconda della stagione e delle condizioni ambientali….
Vivrete un’esperienza VERA…. che non può essere descritta a parole, ma solo osservata ed immaginata attraverso delle immagini.

Fuori dalla caverna altra gente entusiasta come noi

Partecipando a questa “spedizione” all’interno della caverna, che permette la comunicazione dei due estremi del monte, sarete in grado di sostenere l’economia locale e di preservare insieme agli abitanti del luogo quel pezzo di Natura che si trova a Khong Lor… E, se sarete fortunati come noi, verrete invitati a mangiare cibo locale perché vi troverete nel posto giusto al momento giusto…

Le montgame attorno alla caverna

SPET-TA-CO-LO!

Stung Treng: gita in campagna

Stung Treng, 03 Gennaio 2019
Gita in motorino

Stupendo: strade sterrate e gente ancora pressoché “incontaminata”.

Ponte di legno

Ci fermiamo un attimo ed al di là della starda c’è un tempio, Mat entra nel tempio, mentre io lo attendo sulle sponde del Mekong, a Sud.
Non me la sento di entrare al tempio, mi sentivo un tantino a disagio, nonostante non fosse certo la prima volta. È un giorno così…

Il tempio della Pagoda
Il tempio

Mat torna e racconta che al tempio una signora gli ha offerto del cibo. Lui ha ringraziato, ma non lo ha preso.
Sentivo che avrebbe voluto accettarlo, dunque gli dico che saremmo tornati nel tempio.

E così è stato, per grazia divina.

Torniamo nel tempio e la donna ci offre del cibo: lei e dei bambini continuano a portarci piatti. Noi non sapevamo come ringraziare.
Mangiammo questo cibo preparato con dedizione. C’era anche un monaco.

Dopo il pasto cercammo di dialogare, chiaramente senza parlare la stessa lingua.
I gesti, ma soprattutto, gli sguardi ci permisero di comunicare.

Ci siamo donati gli uni agli altri, senza pretese, senza recitare, veri.
È stato un momento bellissimo.

Poco piu tardi c’è stato chi ha riposato, e chi….ha goduto del momento, assaporando il tempio.

Il tempio lo teniamo dentro di noi, solo che non ci concediamo mai i momenti per celebrare i nostri rituali, per riflettere, per osservare, per ascoltare, per stare.
Ecco che nasce il tempio fisico: per darci la possibilita di fare tutto questo, in un luogo dedicato a questo, dove ci sentiamo legittimati a dedicare tempo a noi, agli altri, a qualcuno, a qualcosa….e chissà….
Ecco la sua importanza…

Noi siamo qui, siamo come siamo, dobbiamo accettarci e donarci all’altro così, senza imitare (nel bene e/o nel male) cio che pensiamo di essere.
Per stare bene con noi stessi: siamo sinceri con noi e con gli altri e assicuriamoci la “fortuna” di trovare altri che facciano lo stessocon noi, chiamiamoli a noi…

Sii come sei.

Altre fotine della gita deliziosa…

C’è chi rumina
Tenero orticello in pendenza 1
Tenero orticello in pendenza 2
Una chiesa
Er ‘ bove vorse?
Pescatore sul Mekong
Mangiando sopra il Mekong

Qualche foto attorno a Stung Treng:

La famigliola all’ orto sul Mekong
Mekong
In visita al Mekong Blue: centro per le donne
La storia dei delfini nel Mekong

A risentirci alla prossima!

Alla Poeuy Rural School

Risalente al 31-12-2018
Mancata pubblicazione dovuta a problemi di linea ed a problemi di sito web.

Il Sole sta tramontando.
Si sentono le strilla dei bambini, dei ragazzi e delle insegnanti che pronunciano termini cinesi.
Un momento di pausa dalle lezioni pomeridiane di inglese che da quasi due settimane sono il nostro impegno giornaliero.

La scuola rurale di Poeuy
La scuola rurale di Poeuy

Ci troviamo alla Poeuy Rural School che si trova nel distretto di Prasat Bakong, vicino a Siem Riep, in Cambogia.

Lezione di cinese
Lezione di cinese

Siamo ospiti di Poeuy e della sua famiglia e, insieme a delle ragazze cinesi ed agli insegnanti Cambogiani stiamo accompagnando bambini e ragazzi nell’apprendimento delle lingue.

I bambini alla consegna di matite e quaderni
I bambini alla consegna di matite e quaderni

Questo posto è davvero accogliente… Queste persone sono accoglienti… E, finalmente, abbiamo legato anche con i ragazzi…Il primo approccio confesso mi abbia scossa un tantino, ma mi rendo conto ora che non poteva essere altrimenti: questi bambini e ragazzi vengono sempre sottoposti a nuovi insegnanti…Noi eravamo gli ennesimi e, soprattutto, alla nostra prima esperienza di insegnamento scolastico a bambini e adolescenti.
Il tempo necessario a conoscerci è trascorso.

La nostra classe degli adolescenti

La vita in campagna è tremendamente più vivibile di quella nelle città cambogiane.
Le giornate sono scandite dal gallo che canta al mattino, dalle papere e dalle galline che “trottano” tutte insieme in “sciami” alla ricerca di qualche residuo di cibo da “becchettare”, dalle gite in bicicletta al mercato del grosso villaggio più vicino, dai pasti gustosissimo cucinati da Samon, la moglie di Poeuy, dal suono dell’amaca che fluttua, dagli uccelli che atterrano sui tetti e dai loro versi, dall’abbaio dei cani, dal miagolii dei gattini, dai muggiti delle mucche dai versetti e mordicchi del cagnolino Pollo a cui siamo tanto affezionati…..e dalle lezioni di inglese è cinese con i bambini e ragazzi dei villaggi vicini.

Io e Pollo
Le paperelleeee
Il mercato del mattino
Tradizioni culinarie
Chi sorride alla fotocamera
Chi allontana le mosche con un bastone ed un sacchetto
La mietitura
 Il lavaggio a mano dei panni

Insomma….Una pace tanta….

Una quiete che si interrompe però il sabato e la domenica mattina quando all’alba delle sei, non si sa per quale motivo, dei vicini pazzi intonano le loro casse, da non so quanto decibel, su canzoni “punze-p-punze” oppure su canti tradizionali locali o indiani….Questo ritmo si protrae fino a tarda notte…

Ci troviamo qui alla scuola poiché Mat settimane fa trovò un blog che parlava di questa meravigliosa esperienza di volontariato: dunque abbiamo scritto subito a Poeuy, che non ha esitato ad accettare la nostra richiesta.

La nostra classe dei più piccini all’opera

Ed è così che abbiamo imparato ad insegnare l’inglese a dei bambini tra i 6 e gli 11 anni ed a ragazzi tra i 15 ed i 18 anni. La sfida è stata massima con gli adolescenti, ovviamente, i quali sono i più indisciplinati…. ma alla fine ce l’abbiamo fatta!

Evviva evviva urrà!

Noi e le cugine
Incredibili giocatori di biglie!

Poeuy e la scuola accettano volontari di qualunque nazionalità, che siano in grado di insegnare un po’ di inglese e/o cinese ai bambini e ragazzi. Basta scrivere un’e-mail direttamente a Poeuy a questo indirizzo: [email protected] .
Invito e suggerisco a tutti che questo sia un ottimo modo di trascorrere le proprie vacanze!!!

Passano i giorni e siamo già giunti al 31 di Dicembre…Spenderemo il capodanno con loro per poi ripartire…la strada è ancora molta.

A capodanno una stupenda cenetta, un bicchiere di vino di riso fatto dal vicino e trovato alla bottega qui accanto, un po’ di bevanda alla Cola Cambogiana per le bimbe, qualche croccantino per gustarci la vigiglia ed un cartone animato sulle prodezze di Krishna bambino.

Noi, la famiglia di Poeuy e le ragazze Malesyane

Non abbiamo neppure avuto la forza di aspettare mezzanotte!
Ma ci pensò Pollo, intorno alle 5 del mattino, a svegliarci con il suo pianto: una carenza di compagnia lo aveva sorpreso ed aveva sorpreso anche noi….

È con profondo piacere che auguro a tutti quanti un buon inizio 2019!
Svuotiamo il saccoccio delle pesantezze vissute nell’ormai passato 2018, lasciamo spazio alle ricchezze del 2019!
Che sia propizio alla crescita nostra e di tutte le creature…che impariamo, insieme, a collaborare per migliorarci e per migliorare il mondo!

Sorprese a Battambang

Finalmente!

Dopo settimane di “peregrinazione” alla ricerca di un’oasi tranquilla tra gli umani, ci siamo imbattuti in un paradiso in terra.

Abbiamo visitato Kampot, dove, durante una gita fuori porta al suo vicino parco Nazionale di Bokor, abbiamo potuto essere spettatori di una natura stupenda che pensavamo incontaminata, fino al momento in cui abbiamo visto comparire, sulla cima della collina, in mezzo al “nulla”, un immenso complesso architettonico in stile comunista. Si trattava di un Casinò costruito dai cinesi (per i cinesi) ed altre strutture sempre costruite da loro. Questo ci ha lasciati un po’ amareggiati.

Ci siamo poi spostati a Phnom Penh: vita caotica, seppur interessante, dove l’ultima notte siamo stati ospiti di un ragazzo francese, che ci ha ospitato tramite couchsurfing, in un meraviglioso attico nel centro.

Abbiamo lasciato la capitale con il cuore sereno per dirigersi verso Nord e siamo così giunti a Battambang. Una città deliziosa, anche lei, come le altre, disposta sul fiume.
È stato lì che, durante un’uscita per visitare le rovine del tempio di Banan Prasat abbiamo scovato un luogo semplice, disperso nelle campagne.
Eravamo in motorino quando incontrammo un cartello in legno con scolpita una freccia ed una scritta: The Flower Garden.

The flower garden
The flower garden

Non potevamo che seguire la freccia!

Era una strada sterrata che ci portò fino alla Fattoria. Là trovammo delle persone locali che non parlavano inglese, ma ci indicarono l’accesso al giardino dove, con dedizione, coltivano e crescono fiori stupendi: macchie di colore, aiuole, un sottofondo musicale rilassante che ci hanno subito fatto sembrare di non essere in Cambogia, dopo l’esperienza della città a cui eravamo abituati.

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Arrivò un uomo che parlava qualche parola di inglese: una persona col sorriso sul volto… gli chiedemmo qualche informazione sul posto ed è stato lì che abbiamo scoperto che coltivano fiori da vendere a chi vuole fare un dono.

The flowers fields
The flowers fields

Lo ringraziammo ed attraversammo la strada. Là arrivò Kanika, una ragazza dai lineamenti raffinati: ci accoglie e ci spiega che offrono anche uno spazio di riposo per i forestieri che, durante il loro viaggio, sentono il bisogno di una pausa. Questi possono, infatti, sistemarsi all’ombra di capanne a palafitte che circondano il giardino o un un’ altro spazio, sempre all’ombra nell’aia, su amache o su tappeti, bevendo un drink.

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Non ci sembrava realtà ed eravamo FELICI di aver trovato quel posto e quelle persone!

Bananas trees
Bananas trees

Ecco allora che parliamo, parliamo e parliamo ed è lì che chiedo a Kanika se conosce qualche fattoria nelle vicinanze che cresca piante medicinali.
Non conosce nessuno che faccia quel mestiere, ma mi parla di un uomo che utilizza le piante e la Medicina tradizionale Khmer allo scopo di guarire.

Detto fatto: ci scambiammo i numeri telefonici e ci accordammo per andare a incontrare l’uomo medicina che vive ai piedi della montagna.

Due giorni dopo, come promesso, ci trovammo e partimmo tutti insieme per raggiungere lo Kru Khmer.

Un uomo di bassa statura, tutto d’un pezzo che portava i capelli neri fatti in un unico grosso rasta raccolto in testa e una barbetta folta.
Dopo le presentazioni partono le domande….

Kanika è stata la nostra interprete.
Orm è il suo nome e fu suo nonno a insegnargli i segreti delle piante. Suo nonno piantò degli alberi medicinali che ancora vivono e sono cresciuti attorno alla sua casa. Ogni pianta lì attorno è “tnam” (= “medicina” in Khmer). Ora va a raccogliere sulle montagne le piante che non può trovare vicino a casa. Una volta raccolte le essicca per poterle conservare.

Non è stato sempre semplice intendere quello che l’uomo rispondeva alle mie domande poiché Kanika non conosce perfettamente l’inglese e talvolta non riusciva a tradurre.
Tuttavia l’emozione che ho provato a stare lì in quel momento la ricordo bene: ero felice e mi sentivo onorata.

Orm dice che nella Medicina degli Khmer, oltre alle piante secche in infusi, decotti e tisane, è usanza preparare estratti idroalcolici, sciroppi, impiastri, unguenti e balsami e chissà quali altri preparati che non ho potuto comprendere.
Ci ha fatto esempi di diverse piante e di alcuni loro usi, dicendo che anche loro utilizzano tutte le parti della pianta che hanno effetti su diverse parti dell’organismo.
Ci ha mostrato, ad esempio, una radice simile allo zenzero ma la cui polpa è dotata di un colore azzurro con delle nervature concentriche. Ha chiamato questa radice “Broteal sboun”, in lingua Khmer, e ha detto che viene utilizzata in caso di problemi digestivi legati allo stomaco e bruciore di stomaco. Dopo avere accuratamente pulito la radice dalla sua corteccia con l’unghia lunga 7-8mm del mignolo (usanza comune qui in Sud Est Asiatico) l’ha assaggiata e ce l’ha passata per assaggiarla a nostra volta: un sapore pungente e balsamico allo stesso momento che ci ha fatto digerire. L’effetto è stato immediato.

L’ho sottoposto a diverse domande (spero non si sia sentito sotto interrogatorio!) una delle quali riguardava problemi di costipazione, stitichezza: non vi dico che fatica a spiegare di che cosa si trattasse…tra inglese e Khmer è stato un’impresa! Ma alla fine tra l’imbarazzo di Kanika e le risate mie e di Mat ci siamo intesi.
Così Orm si assenta un attimo e torna con una busta piena di foglie triturate. Quelle foglie appartenevano ad una pianta che ha chiamato “Konghetthom”. Chi di voi mi conosce bene sa che ne farò buon uso… Quindi: una mano in acqua da far bollire cinque minuti e bere tre tazze al giorno.
L’uomo medicina non si limita a somministrare piante per via orale o topica, bensì ci ha raccontato di un rimedio che ci è suonato un tantino “sciamanico”. I protagonisti di questo aneddoto sono le donne che hanno abortito e i rami di un albero dal nome “Kompong bayreoung”. È consuetudine che in questa occasione si leghino attorno ai fianchi della donna dei rami, appartenenti a piante di età diversa, di questa specie: questo permetterebbe alla donna di guarire.
Dopo aver “bevuto” tutte queste parole lo abbiamo ringraziato infinitamente e abbiamo immortalato quel momento in una fotografia che, vista la timidezza di Orm, custodirò senza pubblicarla.
Non mi sembrava vero di aver vissuto quei momenti quando, poco dopo, stavamo guidando allontanandoci… Eppure era successo….
Quanti momenti così ancora voglio vivere!!!!

The fishermen on the way
The fishermen on the way

Tornando a Kanika: invito tutti quelli di voi che si dovessero trovare, per qualunque fortuito motivo, nei pressi di Battambang a fare una visita al giardino!! Ne rimarranno estasiati!

E non è finita!!!

Durante il nostro soggiorno a Battambang abbiamo potuto gustare le prelibatezze del cafè HOC (Hope of Children, una ONG che ha sede nelle campagne di questa prolifica città).

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The café
The café

Il cafè è gestito da una donna giapponese che, assieme ad un monaco buddhista cambogiano portano avanti questo meraviglioso progetto.
Lui si chiama Muny ed ha avviato il progetto nel lontano 1992, quando ancora non aveva uno spazio appropriato per ospitare tutti i bambini, dunque ospitava bambini maschi nella Pagoda, dove le bambine femmine non sono ammesse.
Muny riuscì poi a trovare lo spazio dove si trova or la fattoria che ospita i bambini e le loro attività ed è in quel L’associazione ha, infatti, l’obbiettivo di fornire un supporto a quei bambini che ha incontrato, le cui famiglie sono rimaste vittime di violenza o di AIDs.

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I bambini qui giocano, frequentano la scuola del Paese al mattino o al pomeriggio, e nel resto della giornata partecipano alla classe di giapponese tenuta da alcune volontarie affezionate.
L’associazione ha trovato aiuti monetari da parte di famiglie giapponesi, italiane e francesi ed è stata in grado, in questo modo, di costruire dormitori per i bambini e per le bambine.
Muny e Ryoko si sono interrogati spesso su quale potesse essere il modo per assicurarsi delle entrate, senza dover fare affidamento sulle donazioni, (sempre ben accette), e sono giunti alla conclusione di aprire un cafè dove offrire prodotti freschi, gustosi e deliziosi appartenenti alla cucina tradizionale giapponese è Khmer. Le provviste che vengono utilizzate nel caffè vengono, per quanto la stagione lo consenta, dai campi che i ragazzi, Muny e Ryoko coltivano a riso, verdure e frutta attorno alla Fattoria.

The HOC café
The HOC café

Infatti, gli abitanti del villaggio hanno concesso loro quei campi poiché Muny è stato in grado di costruire un Tempio Buddhista dove gli abitanti del villaggio possono recarsi per le loro preghiere e donazioni a Buddha.

Insomma: un lavoro ben fatto!
I nostri complimenti a Muny e Ryoko che donano ogni giorno la loro esistenza a questi bambini, i quali, altrimenti, forse non avrebbero un futuro.
Andate a trovare anche loro se capitaste da quelle parti!! Trovate le indicazioni sul volantino in foto postata qui sotto.

Ah, dimenticavo, per chi di voi volesse cambiare vita o si trovasse ad avere un lungo periodo da voler dedicare agli altri può contattare Muny e/o Ryoko e andare a fare volontariato alla Fattoria e al caffè!

La nostra visita a Battambang era ormai al termine: soddisfatti e felici degli incontri salutammo la città al mattino presto, lasciandola per dirigerci verso nuovi orizzonti…

A presto a tutti!

Fuori dal finestrino verso Kampot

11-12-2018
È mattina presto quando partiamo da Sihanoukville, luogo che ci ha trattenuti per la notte di ritorno dall’isola di Koh Ta Kiev. Siamo diretti a Kampot dove ci aspettiamo di trovare una vita diversa da quella che abbiamo respirato fino ad ora: meno turismo e meno speculazione da parte dell’economia cinese su quella Cambogiana.
Risultato di uno sfruttamento delle potenze politiche alla fine degli anni ’60 e per tutti gli anni ’70, quando il territorio Cambogiano è stato lo scenario di una contesa tra potenza Cinese che giocava in Vietnam del Nord e Potenza Americana che tentava di reprimere il comunismo che dilagava oramai in queste terre, ciò che è rimasto della storia e delle tradizioni Cambogiane è poco visibile. Tuttavia ci auguriamo di trovarlo in qualche zona meno corrotta dal turismo sfruttatore occidentale o quanto meno più remota del Paese.
Viaggiamo in un minivan con altri turisti (non abbiamo trovato altra scelta) e qualche persona locale..
Finalmente ci siamo allontanati da Sihanoukville: abbiamo goduto della vita della costa per qualche giorno, ma ora è proprio tempo di ripartire.
Nelle cuffie suona “Huun Huur Tu”, collezione di canti di Tuva, che riecheggia nel nostro viaggio come una colonna sonora per quelle immagini che vediamo scorrere fuori dai finestrini.

Le 'acune!
Le ‘acune!

Mucche al pascolo ogni dove, il verde selvaggio delle foreste, abitazioni lussuose accanto a modeste baracche, negozi e bancarelle ambulanti, la vita della gente per cui tutto questo è la norma di ogni giorno.

dav

Mi sistemo sul seggiolino dopo uno degli svariati slalom effettuati dall’autista per evitare di cadere in qualche buca: le strade sono un rattoppo di sassolini, terra battuta, asfalto ed ogni tanto macerie.
Niente paura: l’autista è abituato! Noi un po’ meno, ma ci fidiamo e ci abituiamo.

Mat sta leggendo qui accanto a me ed alterna le parole di Terzani allo sguardo di ciò che sta accadendo.

Cosa sta accadendo?

Tutto attorno a noi è vita!
Tornano le vacche: sono magre, ma, per grazia divina, non manca loro da brucare.

dav

Tuttavia, all’immaginario bucolico e romantico che abbiamo di questi paesi, si contrappone la pura realtà che è quella della spazzatura dovuta ad una mancata sensibilizzazione dei locali verso un uso critico delle risorse e, noi pensiamo, anche al fatto che la presenza dei turisti vuole un confezionamento spropositato dei cibi: infatti si trova con facilità cibo confezionato, imbustato, cibo spazzatura, cibo importato e soprattutto grandi marchi che non voglio nominare, ma sono, ahinoi, pesantemente presenti.

È difficile trovare sulla strada frutta e verdura a buon prezzo perché la faccia del forestiero è inequivocabile… Però piano piano stiamo imparando a conoscere i luoghi giusti ove non farci infinocchiare.

"Monnezza"
“Monnezza”

La spazzatura: ricordate quando poche righe fa vi ho parlato dell’imballaggio e del confezionamento dei cibi? Ebbene sì: è un grosso problema…
Infatti non troviamo la raccolta differenziata da nessuna parte…Tutto accatastato insieme e, soprattutto, accatastato… Abbiamo passeggiato lungo rive stupende dove coesistevano il selvaggio e la spazzatura: un vero dramma! La questione è che pare che neppure il popolo Cambogiano sia interessato a curare e preservare quanto di bello li ospita e gli sta attorno: il loro Paese, la loro terra, la loro cultura… Sarà perché “qualcuno” ha provveduto, in un recente passato, a cancellarla? Sarà per loro semplice non curanza? Diverse abitudini, visioni e diversi principi.
Sarà quel che sarà, ma vederli in questo modo, irrispettosi verso loro stessi mi addolora e mi auguro che, ben presto, assorbano l’ usanza della raccolta differenziata, materiali più eco compatibili e, ancora meglio, meno imballaggi e non solo le cattive abitudini di “noi” occidentali.

Foresta Cambogiana
Foresta Cambogiana

È incredibilmente ammirevole tuttavia il modo in cui interagiscono tra di loro: si danno una mano, sempre, anche se non si conoscono…e non ci è ancora capitato di sentire qualcuno che parli alle spalle di altri… caratteristica stupenda con cui guadagnano 1000 punti!

P.S. I giorni passano e non sempre abbiamo a disposizione il WI-FI, dunque talvolta racconterò pensieri di momenti differenti più o meno passati.

Grazie ragazzi di partecipare al nostro viaggio!