Tutto fermo, ma non la Natura…

Foglie che vibrano, verdissime…parlano accarezzate dal vento. Tronchi ondeggiano al cielo e sono le note di Mat all’Hang Tank drum che mi cullano e ritmano il mio “spippolare” sulla tastiera. Mi guardo attorno e tutto è in fiore, fresco, di colori sgargianti. Un vaso sul tavolo con un mazzetto di fiori gialli profumatissimi di Ginestra mi rassicura e mi dice che la nonna sta bene.

Alberi nel bosco

Sono finalmente seduta qui a scrivere ed esprimere ciò che ho vissuto in questi tre mesi trascorsi.

Di ritorno dal Marocco avevo un articolo pronto riguardo le ultime esperienze, impressioni e riflessioni da condividere , mai pubblicato… E da lì di corsa giù alla potatura degli olivi conclusasi, quest’anno, senza Assemblea del WWOOF.

Tutto fermo, tutto bloccato.

Sono stati mesi duri per tutti, penso, in un modo o nell’altro, e durante i quali ho preferito restare in “silenzio”: quante informazioni, quante energie si sono mosse; ci sono stati i momenti di informazione, ci sono stati i momenti di contro-informazione… e alla fine mi son sentita tanto svuotata che ho optato per la non-informazione e basta. Talvolta mi è risultato difficoltoso mantenere quel centro su cui tanto dondolo.

È stato un periodo di solitudine forzata, è vero, ma vi rivelerò che in questi attimi, in realtà, mi sono trovata circondata da un sacco di creature, che in altri momenti avrei rischiato di dare per scontate…

Parlo delle mie care sorelle piante le quali piano piano, con il lento “arrendersi” del gelo, si sono fatte spazio tra la terra generosa e sono tornate anche quest’anno; i germogli degli alberi i quali timidi e prudenti hanno spinto fino ad esplodere nella luce…i primi fiori fecondi con i loro profumi freschi ed accoglienti che già venivano sorvolati da flotte di bombidi, api ed altri insetti…

L’aiuola di fiori sulla discesa che porta a casa.

Il cinguettio dei volatili mi ha accompagnato di giorno, così come di notte… stormi di uccelli che partivano improvvisamente in sincronia mi hanno ricordato cosa significa essere viva e volare, anche con la fantasia.
Il fratello vento ogni tanto soffiava più del solito ed al caldo riportava il freddo e versa vice: danzava insieme alle nuvole che creavano forme e sfumature nel cielo concretizzando sogni e percezioni.

Scorcio di un cielo mare e di colli all’infinito

Talvolta vento portava la pioggia: acqua preziosa che sgorgava e scorreva dissetando tutto quanto… e con il suo fluire lavava via ciò che doveva essere lasciato andare.

Fiumiciattolo nel bosco sotto casa

All’alba andavo a cercare il sole che manteneva la sua promessa ogni giorno e mi donava la gioia di vivere scaldandomi il petto.

Osservare i mici ed interrogarmi su cosa potessero pensare mi ha incuriosito parecchio… come al solito.

Giuliana e la Micia sul muretto

Mi era difficile rientrare in casa dal giardino e chiudere la porta dietro di me per ritrovarmi delimitata dalle mura, ma vi svelo un segreto: anche lì non ero sola…
Ragni, scolopendre, cimici buffe…si mostravano a me in continuazione…e, seppure in principio io fossi un po’ scocciata (in campagna è un “must” l’insetto in casa) di doverle trovare sempre io e mai Mat ;P mi sono resa conto che ciò accadeva perchè volevano farmi compagnia e ricordarmi che loro c’erano… Anche lì dove ero più lontana dalla Natura, questa mi veniva a trovare…
Seppure possa apparire un po’ macabro, vi posso assicurare che è stato molto bello ricevere le loro visite ed avrei augurato a chiunque soffrisse di solitudine di riuscire a instaurare una comunicazione con questi esserini se avesse ricevuto la loro visita.

Un bunny salvato dalle grinfie di Giuliana

Come ad ogni primavera ci siamo saziati con il giardino pieno di “malerbe”: primula, tarassaco, cicoria, violetta, ortica, parietaria, achillea, luppolo, pimpinella, fiori di sambuco, fiori di robinia, erba cipollina, alliaria, farinaccio…. e non so che altro… gli aromi della vita si sono manifestati nei nostri stomaci per creare nutrimento, depurazione e guarigione.

Squisiti ingredienti selvatici per preparare una cenetta deliziosa per mamma e babbo: insalata con trifoglio, erba cipollina, borragine e pimpinella e frittata a base di infiorescenze di borragine, erba cipollina e sciopetì

È davvero divertente e gratificante cimentarsi nell’inventare ricette a base di piante spontanee e cercare di capire quali abbinamenti con spezie e “odori” siano proficui oppure no… Ad esempio: provate anche voi a grattare un po’ di scorza di limone quando preparate un piatto a base di parietaria!

Piatto a base di cecina, ricotta di pecora guarnita con erba cipollina ed un pizzico d’olio da spalmare sul pane fatto da Mat e una spadellata di trevisana, achillea e tarassaco.

Kefir e Kombutcha ci hanno salvato la vita convertendo l’acqua corrente del rubinetto in benefiche e vivifiche bevande gradevoli e personalizzabili.

Kombutcha e Kefir

Ecco qui un esempio di kefir alla melissa e limone per rilassare gli “animi disperati” durante la giornata.

Kefir aromatizzato alla Melissa

Questa pandemia ha rinnovato anche altri fermenti: Mat ha ripreso a fare il pane con la sua antica pasta madre ereditata durante i suoi viaggi attorno alla penisola e una mitica farina tipo 2 di grano della nostra cara amica Maria che ci ha salvati. Inoltre, ghiotti di yogurt, abbiamo pensato fosse meglio per il portafoglio e anche per il nostro divertimento cominciare a produrcelo da noi: risultato eccellente.

Si è pure imbottigliato con la luna quasi calante!!!

Imbottigliamento del vino in “Cantina Emanuelli” ;P

E finalmente è possibile andare a fare passeggiate ed escursioni durante le quali ammirare impronte di animali selvatici…

impronta: chi indovina di quale bestiola sia? Io ho dei sospetti…

E l’orto? Beh il “giardino mangiabile” ci ha tenuti impegnati fin dal principio ed ora tutto è pronto e cerchiamo di rispettare l’equilibrio tra le creature che lo abitano in modo tale da poterci cibare un po’ anche noi ;P

Il nostro orto <3[/caption] Anche il giardino delle piante officinali è già in fiore: parecchie specie come papavero rosso, fiordaliso, calendula, escolzia, camomilla sono pronte per essere raccolte e selezionate per le varie preparazioni. [caption id="attachment_373" align="aligncenter" width="320"] Una parte dell’infinito e, quasi all’orizzonte, una spirale<3 <3 <3[/caption] [caption id="attachment_378" align="aligncenter" width="320"] Papaver rhoeas, Matricaria chamomilla, Centaurea cyanus, Aquilegia spp., Escholtzia californica, Calendula officinalis

Ci auguriamo presto che voi artri possiate spostarvi e venirci a trovare per gradire un po’ anche voi della piacevole atmosfera e condividere esperienze ed emozioni.

Primo falò con cerchio del femminino della stagione

Vi aspettiamo nella stagione a venire!

Stay tuned!

Un viaggio alle radici di un popolo che radici non ha

“È come avere 4 stagioni tutte in una giornata” questo è ciò che ci disse Abduh quando lo incontrammo. Ebbene sì! Il deserto, roccioso o sabbioso che sia, attraversa il grande freddo di notte, il lento riscaldarsi al mattino, il caldo forte dalle 11 alle 19 e poi il lento rinfrescarsi la sera…. Siamo a Sud del Marocco.

Hammada vicino a Merzouga

Questa sembra davvero un’altra terra, un altro pianeta…un altro popolo… più disinteressato a me turista, mentre pieno di voglia di conoscere me persona…
Il Sud del Marocco lo stiamo apprezzando molto di più: è ciò che andavamo cercando, lontano dai grandi centri, dalla caotica vita cittadina dove tutto è uguale ed io non ho identità. Qui io posso parlarti, e c’è tempo…per me e per te… Ringrazio.

Le dune e le nostre ombre microscopiche
Dopo l’alba coi miei piedonzoli nel deserto, Erg Chebbi

Sono stati giorni splendidi quelli che ci hanno trattenuto a Merzouga, sotto quel caldo sole cocente del deserto. Abbiamo potuto assaporare la pace del deserto, una pace che non perdona…sei tu che rendi grazie alle forze del cosmo che si manifestano in ogni istante, anche quando sembra tutto fermo, il vento soffia leggero e smuove la sabbia, cancella le impronte, cancella la storia…. Ma non la tradizione… Come avrebbe potuto vivere un popolo, se non in questo modo, una terra che gli ha insegnato a non guardarsi indietro, ma a guardare sempre avanti ed a non stabilirsi, ma a lasciar andare…

È questo il cammino nomade del popolo Amazigh (coloro che vennero soprannominati “berberi” dai francesi, come se conoscessero poco, pur non essendo così). “Amazigh” è l'”uomo libero” che abitò questa regione originariamnete e che si scontrò con molti invasori.

Bandiera Berbera, con al centro l’uomo Amazigh, che riunisce i popoli del Nord Africa

Qui abbiamo potuto conoscere davvero persone sincere, che ci hanno raccontano di come, a modo loro, vivono ancora un certo disagio berbero di popolo a cui è stata sottratta un poco di tradizione.

Il linguaggio che ci permetteva di comunicare è stato un misto tra italiano, francese, inglese, spagnolo ed arabo…e poi sguardo, sensazioni, sorrisi, musica e danze.

A spasso con O’n Ýel e Aūra

È stato qui che, a spasso in compagnia di Omar di Auberge le Caravane e di due simpatici dromedari dotati di una spiccata personalità, O’n Ýel e Aūra, abbiamo raggiunto una duna, molto alta ed abbiamo assistito ad un tramonto unico ed irripetibile mentre Omar si è dilettato nel realizzarci un book fotografico (senza che gli fosse stato richiesto, ma per suo unico piacere XD ).

Io, Mat e Omar
Tramonto nel deserto

In tale occasione ci è stato possibile percepire un’escursione termica tra il versante della sabbia esposta al sole e quello rivolto all’ombra: davvero impressionante.
È stato altrettanto impressionante ritornare a dorso di Aūra e O’n Yel quando l’ombra stava, oramai, guadagnando spazio fino a raggiungere l’orizzonte delle dune e contrastare il cielo.

L’ombra

Nei dintorni di Tazzarine, altro villaggio piccolo, ma piacevole, accogliente e circondato da catene montuose mozzafiato, abbiamo potuto osservare delle incisioni rupestri risalenti al 5000 a.C. ad Ait Ouazzik, quando ancora quella zona era una savana. Gazzelle, scimmie, giraffe, elefanti…fionde per cacciare, reti e trappole…erano queste le raffigurazioni che ricorrono su quei sassi scalfiti dalla silice ad opera di ominidi preistorici.

Grazie ai consigli della nostra guida abbiamo trovato la cooperativa agricola Aitmatne dove collaborano 15 persone che coltivano e lavorano l’henna e altre piante della tradizione berbera e araba e qui abbiamo bottinato un poco ;P

Alla cooperativa agricola Aitmatan in compagnia dei simpatici omini che vi lavorano

Qui abbiamo conosciuto un gruppo di ragazzi i quali si sono subito fidati di noi ed hanno confessato di esser felici di aver trovato degli amici. Persone semplici come noi che si divertivano con poco: a quanto pare non serve troppo per essere sereni 🙂
Uno di loro raccontava di come al tempo del colonialismo Portoghese e Francese quelle zone fossero povere e la gente non lavorasse per denaro, ma per cibo.
“Aprite le porte e fermate il vostro verbo”
Era questo il motto dei coloni in questi villaggi: lascio a voi ogni deduzione.
Vi incoraggio anche a pensare a cosa volesse significare non poter utilizzare la propria lingua per un popolo dove la conoscenza era, per lo più, tramandata oralmente…
Vittima di prepotenza da parte prima dei Romani, poi degli arabi, poi degli europei, il popolo berbero, ad oggi, trova difficoltà nel ricordare ciò che lo guidava, un tempo, attraverso il deserto e sulle montagne, alla ricerca di ciò che gli poteva garantire la vita. Ma non si abbatte, l’uomo libero mai si abbatte, e mantiene, con determinazione, il suo cammino perpetuo, i suoi valori, la sua capacità di leggere i segnali che gli arrivano dal cielo, dalla terra, da tutto ciò che li circonda, dalla Natura…definendoli come buoni o cattivi presagi…

Tutto questo si ripete, ancora una volta si ripete… Il nostro è un globo con diverse chiazze di colore. Ciascheduna chiazza è stata percorsa da esseri, i quali, su per giù, hanno dimostrato molti comportamenti in comune… Cosa vorrà mai dire tutto ciò?

Scorgere “ruderi” in questi luoghi è stato più frequente di quanto non lo possa essere in Europa: le case vengono costruite, il tempo scorre e si manifesta sulla loro forma…quando un’epoca è passata le case vengono abbandonate all’erosione dei fenomeni atmosferici e si vedono muri di un impasto terroso colati senza più un tetto che li protegga.
Tutto questo, circondato talvolta dalla vegetazione o dalla sabbia e dalle rocce, crea un effetto affascinante e di armonia.

Ciabattino di N’kob
Io che cammino nel palmeto

Anche la visita a N’Kob si è rivelata decisamente piacevole: primo palmeto che ci ha riparati dal sole durante l’ora di pranzo i 45 ksour in mattoni crudi della quasba ancora intatti e un ciabattino dannatamente bravo che produce calzature comode, seguendo i modelli tradizionali, riutilizzando materiali, ad esempio i copertoni delle ruote delle auto come suola.

Le quasbas

Conoscere queste “genti” è difficile, quasi impossibile, tanto quanto può parere assurdo, alle orecchie di un europeo, ricevere differenti versioni della storia da parte di diverse famiglie.

Sul cammino tra Agdz e Tazenakht abbiamo “soccorso” un ragazzo, Omar, che aveva l’auto in panne poiché gli mancava gasolio. Donatogliene un po’ voleva ringraziarci e, nonostante abbiamo tentato di fargli capire che per noi era sufficiente la sua riconoscenza, lui ha insistito perché andassimo dalla sua famiglia per darci un dono o per mangiare con loro. Dunque abbiamo accettato. Una famiglia abbastanza numerosa e subito molto accogliente: il thè alla menta è stato d’obbligo. Durante il sorseggiare i racconti galoppavano.
In ogni caso i marocchini sono proprio buffi: alla fine ci siamo ritrovati con il padre di Omar, (intermediario tra le tribù berbere di pastori delle montagne e le donne operose del villaggio, nonché commerciante di tappeti), il quale avrebbe voluto che noi gli acquistassimo un tappeto XD
Come bel finale la cena in compagnia di tutta la grande famiglia è stata squisita, con pane appena fatto nel loro forno a forma di scodella e tajine con verdure provenienti dal loro orticello.

Sfiancati dopo aver ballato la Trance-music nell’hammada XD

E le ruote del carro girano, girano… Merzouga, Tazzarine, N’Kob, Agdz, Taroudant… Ognuna di loro con una sua bellezza, con i suoi ricordi, il suo colore, il suo orizzonte…ed, ovviamente, i suoi abitanti… Siamo a più di metà del nostro viaggio e ci sembra sia passato così in fretta…
Da qui in avanti sarà la costa oceanica ad ospitarci e questa notte la trascorreremo in una valle il cui nome è tutto un programma: Vallée du Paradise.

Grotta nella Vallée du Paradis, Agadir

Buona notte!

Ed il carro porta a spasso in Nord Africa

È il volto di una bambina che ci attraversa la strada puntando la mano per indicarci di fermare la vettura proteggendo sua madre.
È la gioia di un momento di sole splendente in cui troviamo una fonte d’acqua pura sull’altopiano innevato e realizziamo di poterci fare una doccia dopo più di una settimana di privazione.
È, ancora, lo sguardo generoso di un’infante che ci porge una busta per raccogliere il pane appena acquistato…
È la terra rossa che si alterna agli ulivi su pendii poco frequentati.
È lo sguardo di un ragazzo che si leva la “maschera” di rivenditore e mi sorride quando anche io, guardandolo bene negli occhi, gli rivelo ciò che penso.
È l’aria fresca della montagna che ti risveglia i sensi dopo giorni di stordimento cittadino.
È il richiamo alla preghiera che ci sorprende cinque volte al giorno e ci ricorda di rendere grazie.
Sono le gole in un deserto roccioso che attraversiamo prudentemente, fiduciosi che un antico ponte in legno possa sorreggerci.
È guidare su una strada che si perde all’orizzonte e si fonde con il cielo.
È l’osservare villaggi di fango, sassi ed erba secca ed i loro abitanti che resistono al freddo ed al caldo.
Sono le parole di chi incontriamo, in lande desolate, che ha voglia di conoscerci.
È il mistero che avvolge una terra e la cultura degli abitanti che la abitano.

È forse tutto questo ciò che andiamo cercando?

È tutto questo, e molto altro, che scandisce le nostre giornate da una decina di giorni oramai: siamo in viaggio, ancora una volta, ma in modo diverso.
Questa volta è il mitico Furg-one a portarci a spasso e le nostre mete spaziano tra i confini di una terra magnifica, accattivante e un po’ curiosa: il Marocco.

Catenaccio nella Medersa Bou Inania, Fez

Dopo un percorso in traghetto di due giorni dall’Italia, in compagnia di famiglie dirette al loro Paese d’ origine, siamo sbarcati lo scorso 20-01-2020 a Tangeri Med grande porto dirimpetto a Gibilterra.
Ed è qui che parte il cronometro che misura la nostra permanenza in Marocco: le quattro ruote ci hanno già portato a visitare Totouane, Chefchaouen, Moulay Hydris, Mekness e Fez. Queste città, tra grandi e piccine che siano, ci hanno introdotto a quella che è la vita nella Medina (=la città vecchia dei Paesi di origine araba): vicoli stretti e case drammaticamente contigue che lasciano spazio, lungo le vie più dirette, a botteghe di articoli di artigianato (quali tappeti, tuniche, ciabatte, borse e quant’altro), prodotti per il benessere (come oli pregiati di Argan, saponi, profumi, kajal, henna e molto di più) e, per fortuna, anche cibo e spezie. Il tutto condito con una colonna sonora di musica tradizionale, piuttosto che di letture coraniche per i più appassionati, e ristoranti a tutto spiano che emanano aromi dall’effetto aperitivo. In questi luoghi ci è più volte capitato di attendere che il bottegaio tornasse dalla preghiera alla moschea.

 Mat a Chefhaouen

A chi pensa che il Marocco sia sole, mare e caldo dico che abbiamo già attraversato e dormito circondati dalla neve su monti alti intorno ai 2000 m slm e guidando continuiamo a fare su e giù dai pendii scorgendo attorno catene montuose innevate che si aggirano sui 4000 m slm.

Lago ghiacciato attraversando l’Atlante innevato

Infatti il Marocco è un Paese densamente concentrato di catene montuose tra cui quelle che abbiamo attraversato: il Rif a Nord e l’Atlante che lo taglia tutto al centro. Siamo fortunati, infatti, di non capitare in un periodo di bufere, durante il quale avrebbero necessariamente dovuto chiudere le strade per permettere agli spazzaneve di pulire e, trattandosi delle uniche vie di comunicazione tra grossi centri, alle ambulanze di poter circolare senza lunghe code di gente locale in cerca di “pupazzi di neve”.

Io e Mat ad Aoulì: caldo bestia di giorno, freddo peso di notte

…Scimmia? Chi ha mai visto una scimmia in montagna con la neve?
Alziamo la mano!
Ebbene sì! In Marocco è ancora possibile vedere sull’Atlante esemplari di macachi berberi, anche detti bertucce. Comitive di persone si accostano lungo la strada per osservarli facendoli avvicinare con del cibo (azione che mira poco a salvaguardare la loro sicurezza, rendendoli più facilmente preda di bracconieri).

Non solo questo: anche il deserto riesce a toccare il Marocco! L’altro ieri abbiamo guidato attraversando le gole di un deserto roccioso (hammada) alla ricerca di un villaggio abbandonato chiamato Aoulì, nella provincia di Midelt.

Deserto roccioso nei dintorni di Midelt

Uno scenario mozzafiato che ci ha condotto, oltrepassando miniere di piombo ormai in disuso dal 1975, a incontrare Abdu e la sua famiglia che ci hanno offerto un thè nella loro casa chiacchierando del più e del meno. Questo ragazzo 22enne conosce inglese, francese e sta imparando il tedesco, tutto questo studiando su alcuni libretti che ha in casa. Abdu ci è venuto incontro appena giunti al villaggio spinto da una grande voglia di parlare e fare pratica.

Aoulì

Durante la nostra uscita abbiamo incontrato il maestro della piccola scuola del villaggio che insegna ai bambini delle famiglie rimaste. Egli ci ha spiegato che la quasba di quel villaggio era stata abitata da coloro che lavorarono alla miniera delle gole di Aoulì la quale era stata fondata dai francesi nel lontano 1925 quando questi vi avevano trovato giacimenti di piombo. Poi, una volta esaurita questa risorsa nel 1975, queste miniere erano state chiuse. Ad ora vi è una miniera in un villaggio vicino dove viene estratto il vanadio.

Se mi avessero detto che quella zona potesse essere ricca dal punto di vista minerario, a giudicare dalla modestia delle abitazioni e di chi le vive, non vi avrei probabilmente creduto. Tuttavia, per gli appassionati di minerali, lo è.

Valle del Ziz

È passata poco più di una settimana e la nostra voglia di scendere a Sud ci ha mossi dal mare, ad alcune tra le città imperiali, ai monti innevati, al deserto roccioso, alla Valle di Ziz per addentrarci in altre due quasba abbandonate e oramai consumate dagli agenti atmosferici e dal tempo. Una di queste si trova ad Ifri, l’altra a Meski, non troppo lontana dalle sorgenti del fiume Ziz.

La quasba di Ifrì, Valle del Ziz

Entrare nello spazio delimitato da quelle mura di terra impastata con paglia e sassi e vedere le stanze e come tutto fosse costruito in miniatura, a causa delle esigenze del tempo, ci ha permesso di immaginare come quelle persone potessero vivere. Un uomo che gestisce una locanda a Ifri ci ha raccontato che in tempo di guerra la gente si era rifugiata all’interno di questa quasba fin tanto che, quando il conflitto era cessato, la quasba era stata abbandonata permettendo agli abitanti di vivere in case più ampie.

In visita alla qasba di Ifrì

Roteano roteano le ruote del carro…

Quasba abbandonata di Meski

… Ed oggi… beh oggi siamo alle porte del deserto…Merzouga ci aspetta!

E da qui in poi, per chi vuole, sarà un piacere potervi raccontare…

Io e Mat alle sorgenti di Meski

M’a ssalama!
Arrivederci!
E a risentirci!

Da pochi giorni siamo entrati in quel meraviglioso periodo che è l’Estate: Le giornate piano piano si accorceranno per lasciare di nuovo spazio al buio in cui penetra la notte.
Ma calmi! Il processo è ancora lungo e siamo solo al principio!

Oggi è un giorno speciale: per questo motivo, dopo svariate occasioni in cui sentivo forte il desiderio di scrivere senza soddisfare questa mia necessità in virtù di tutto ciò che c’è da fare qui in fattoria, oggi, il giorno di San Giovanni mi prendo un momento per potervi salutare 🙂

Arrivato senza preavviso in questo nord Italia, il giorno di San Giovanni è una delle occasioni in cui tutto si deve fermare per un momento e ciò che sussurra va ascoltato.

Dunque ascoltiamo le dolci, ferme, sagge parole portate dal vento, dai raggi del Sole, dai colori e dal cuore.
Guardiamoci attorno e scorgiamo nei boschi, nei prati, nei pascoli, nel cielo la poesia di una Natura che oramai non si può più celare.

Oggi è un giorno speciale! E per questo ci vengono offerte molte risorse! Infatti, anticamente, il 24 giugno era la data dedicata alla raccolta delle piante medicinali, poiché, in tale data, l’influenza del sole sulle piante è massima, così come la sua intensità radiante. Che si trattasse di una antica festa pagana, cristianizzata in seguito? Probabile…
Sono molte le piante che, ancora oggi, vengono raccolte durante questo splendido giorno per tradizionali preparazioni di liquori o preparati medicamentosi: è questo il caso, ad esempio del mallo di noce acerbo, per preparare il, cosiddetto, “nocino di San Giovanni”.

Un altra pianta raccolta tradizionalemnte in quest’occasione è l’Hypericum perforatum, l’Iperico, comunemente chiamato, appunto, l’Erba di San Giovanni.

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E’ una pianta erbacea dai fusti cilindrici (con due linee per tutta la lunghezza) alti fino ad un metro, ramificati nella parte alta. Possiede foglie opposte ovali-ellittiche. I fiori riuniti in corimbi sono gialli intensi con numerosi stami riuniti in tre facetti. I fiori se sfregati tra le dita danno origine ad un colore rosso scuro.

Gli studiosi hanno supposto svariate teorie a cui ricondurre l’origine del nome di questa pianta: Hypericum.
I Romani la consideravano un’erba solare, dunque, il suo nome deriverebbe da Hyperione, il padre del Sole e dell’Aurora. Altri invece vedono in lui la forza rispetto al mondo degli inferi facendo derivare la sua denominazione da “al di sopra”. Infatti, un altro appellativo che l’accompagna è quella di Scacciadiavoli, un tempo “fuga daemonorum” poichè si riteneva che avesse il potere di liberare le case dagli spiriti e veniva dunque appeso in mazzetti sulle porte di ingresso a stalle ed abitazioni, in testata al letto e sulle culle dei neonati. per questo veniva anche usata durante i riti di esorcismo, per liberare gli “indemoniati”.
Millebuchi: così la chiamavano perchè, se guardate in controluce, le foglie risultano cosparse da forellini, che sono, in realtà, ghiandole traslucide: ecco da dove deriva la seconda parte del nome latino “… perforatum”.

Questa pianta vanta un sacco di proprietà sia per uso interno che per applicazioni topiche.
Infatti le infiorescenze gialle come il sole venivano tradizionalmente raccolte durante il giorno di San Giovanni in pieno sole o la notte per catturare tutte le energie latenti nell’aria e nella terra, per preparare un olio medicamentoso grazie all’azione sinergica dei suoi oli essenziali e dell’ipericina dalle proprietà cicatrizzanti, disinfiammanti ed antidolorifiche, lenitive e rigeneranti della pelle. Va applicato su scottature, ma ASSOLUTAMENTE NO prima di esporsi al sole poichè l’ipericina che si libera nell’olio durante la macerazione che avviene al sole risulta fotosensibilizzante. Per la sua preparazione pasta raccogliere le infiorescenze a corimbo quando completamente aperti o in procinto di esplodere dal bocciolo al fiore e riporle in un vaso di vetro. La droga vegetale andrà poi coperta con olio vegetale (oliva EVO, girasole, o altri oli a piacimento). Il contenitore chiuso, (non ermeticamente in modo che anche l’aria faccia la sua parte), dovà essere poi esposto al sole, come anticipato per favorire l’estrazione dei principi attivi, avendo cura di rimescolare odi giorno in giorno per non permettere a muffe di svilupparsi e mantenere le parti della pianta sotto l’olio. Trascorsi dai 15 ai 40 giorni (in media 21-30) è possibile toglierlo dal sole e filtrarlo per poi utilizzarlo.
Per uso interno vengono sempre colte le infiorescenze, ma lasciate essiccare per preparare infusi e tisane dall’azione tonica, sedativa ed antidepressiva. Queste proprietà, dovute alla presenza di ipericina, iperforina e flavonoidi, le conserva anche l’estrazione idroalcolica, in tintura madre fresca, dell’infiorescenza a 65° alcolici.

1

Le sue proprietà erano già conosciute ai tempi della Grecia antica. L’Iperico (dal greco: hyper= sopra, eikon= immagine, ritratto del volto in una materia), ricorda Plinio,, cresceva sulle vecchie statue, ecco perchè si dice che la pianta eserciti un potere sui fantasmi e su altre manifestazioni diaboliche.
Nel Medioevo, a seguito del suo colore giallo, era indicato in disturbi quali l’itterizia, la depressione e l’isteria, mentre a causa dell’intenso colore rosso generato durante l’esposizione al sole ed all’aria del succo della pianta era associato al sangue e Paracelso e chi dopo di lui lo decantarono per uso su piaghe e ferite di varia natura.
Al tempo dei Templari invece fu utilizzato sui soldati allo scopo di non farli perdere d’animo in battaglia poiché la sua energia solare era capace di illuminare le oscurità interiori e scacciare i demoni, come ormai conosciamo anche noi 😉

Ordunque hurrà!
Mano ai cestini questa notte e da oggi in poi nelle giornate di sole fino a che non vedremo scomparire questa pianta nel corso della stagione per lasciare spazio alle sue sorelle.

Facciamone scorta!

Alla prossima puntata fratelli e sorelle!

Primavera sbarazzina, biricchina che ci dona tutto: urrà!!!

Egregi noi e voi, la Primavera ci ha sorpresi prima del previsto, con clima talvolta insolito, quando ancora eravamo in Inverno ed ora che può finalmente esprimersi in tutti i suoi colori e le sue fragranze godiamo dei suoi sussulti qua e là.

Chi l’avrebbe mai detto che le Violette sarebbero di nuovo sbocciate? E le Primule? I Ciliegi?
Diciamo la verità… Noi ogni anno ci aspettiamo che tutto questo e tanto altro accada senza il nostro sforzo, perchè la Natura si impegna, costantemente a modo suo, senza stress donandoci ogni “bene di Dio”.
Esserle riconoscenti nel non danneggiarla è il minimo che possiamo fare, ma questo è un capitolo a sé stante e per fortuna qualcosa si sta muovendo.

Rosa canina pianta

Qui in Fattoria portami via siamo già attivi da un mesetto: son servite un paio di settimane per acclimatare noi, Ele& Mat, in seguito al ritorno dal viaggio in Indocina che ci ha impegnati durante l’Inverno. Dopo di che ci siamo rimessi in pista!
Diserbato l’orto l’abbiamo “rinvigorito” con il compost e del letame e poi l’abbiamo ricoperto con un bello strato di paglia, perchè tutto cominciasse a lavorare indisturbato dai venti.
Nel frattempo il semenzaio si è cominciato a riempire di piante orticole e piano piano anche di piante medicinali.
I cumuli e le aiuole di piante medicinali stanno “subendo” cure molto precise di diserbo manuale e concimazione con compost: in questi giorni la mia amica Ary dalla Toscana mi sta dando una mano in queste faccende e tra una zappata e l’altra si fanno due passi nei boschi.

Il “bottino” di Rosa canina

E’ finalmente ora di torchiare la tintura madre di Rosa canina, realizzata, oramai, un mese fa, per miscelarla al fantastico miele millefiori di Paolo, il nostro vicino amico apicoltore.
Che gioia sarà poter assaporare questo preparato in ogni momento in cui ci sentiremo debilitati, spossati fisicamente per potere riacquistare forza nel nostro sistema immunitario!

La Rosa canina è buona da pappare!!
Tintura madre: gli strumenti del mestiere, molto semplice!
Bacche di Rosa canina essiccate: vitamina C gratuita!

E’ anche il momento, tanto atteso, di raccogliere le foglie di Tarassaco, anche chiamato erba piscialetto, per colorare di verde intenso ed insaporire le nostre insalate, stimolando così l’azione depuratrice del fegato e stimolare il transito intestinale per incrementarne il potere disintossicante. Bisogna ricordare che nell’erboristeria alchemico-astrologica del periodo rinascimentale, questa pianta veniva associata al dominio di Giove: il suo calore moderato gli dona una volto di fortuna e benessere aspetti che corrispondono, a livello psichico alla giovialità, serenità, generosità ed armonia nei confronti di se stessi fondamenti essenziali per potere condividere con gli altri. Infatti, il Tarassaco, andando a fluidificare la bile, aiuta a sciogliere gli stati di rabbia e quella sensazione di essersi, come si suol dire, “legati qualcosa al dito”. Inoltre non può che fiorire in questa stagione, quella degli innamorati, poiché i suoi frutti dotati di pappo, fungono da “oracolo vegetale”. Se, soffiandovi sopra, tutti gli acheni fossero volati via allora l’innamorato avrebbe avuto speranze nel conquistare l’amata e viceversa.

Tarassaco

Vi è già capitato in questi giorni di camminar per boschi? Avete scorto qua e là tutti gli splendidi fiori di Primula che illuminano di giallo canarino il sottobosco? Bene, se vi capita di vederli, riconosceteli e, fatto questo, raccoglietene qualcuno assieme alle foglie più tenere e giovani: saranno un ottimo ingrediente da aggiungere al Tarassaco nell’insalata. Sarà lei a sostenere il vostro organismo come diuretico ed antinfiammatorio, tutte azioni che in questo cambio di stagione possono solo che instradarci verso il benessere.
Non solo!
Infatti, come esplicitò Santa Ildegarda dandole il nome tedesco “chiavi del Paradiso”, essa è davvero utile nel controllare gli stati ansiosi di cui ci capita spesso di rimanere preda in Primavera, La quale, quando arriva, non aspetta!

Primulaaaaa!!!

E’ quando sembra che sia tutto terminato che, annusando qua e là, è possibile scorgere dei gruppetti di fiori di Viola, La quale ci dona la sua sicurezza a cuore aperto. Raccogliendone qualche tenera foglia e qualche fiorellino al mattino, ringraziandola per collaborare insieme a tutte le altre erbette fin ora raccimolate nel nostro cestino. A lei potremo domandare di esprimere la sua capacità in noi di sudorifera e diuretica.

Viola odorata
Squisita insalata primaverile: lattughino, rucola, tarassaco, daikon, carote, semi di sesamo, lino, girasole, zucca: come avviare il processo depurativo!
Stay wild!

E cosa c’è di piu bello delle fioriture de tutte le Rosaceae che, senza timore, si lasciano andare al corso degli eventi: speriamo il gelo non le sorprenda!

Susino con vista serale

State attenti a non calpestare i timidi fiori gialli di Tussilago farfara: dal pallido caule eretto fino alla sfioritura, quando comincia a curvarsi, a reclinarsi al suolo. Lei lasciamola, lasciamola ripopolare il sottobosco con i suoi tempi ed il suo ritmo: pur pianta dalle attività bechica ed espettorante, oltre che antinfiammatoria il rischio di venire intossicati dai suoi alcaloidi pirrolozidinici sarebbe troppo alto.

Tussilago farfara

E quanti! Quanti ancora sono i fiori che si mostrano a noi in questa stagione incredibile!
Quando ormai tutto sembra morto lei ancora non ci ha deluso una volta: è sempre tornata!
Rendiamole grazie!
Accogliamola con riverenza!
Abbracciamo tutte le creature che ci dona con generosità!
Grazie!

Momenti con la nostra “quasi lince” Micia nell’orto-giardino
Momento di talee: Rosmarino

Rientro dall’Indocina

Muscat aeroporto, Oman, 20/02/2019

Non possiamo crederci sia già finita…forse perché in realtà non è finita per niente quest’avventura…

Lasciata Bangkok questa mattina, molto prima che facesse alba: gli zaini sono apparsi più leggeri di quando ce li eravamo caricati in spalla 85 giorni fa… Non si tratta di oggetti, bensì di attitudini che, con determinazione, abbiamo lasciato alle spalle: di fronte alle difficoltà avremo dei ricordi a cui attingere per trovare la forza e la chiave per superarle… E continueremo ad imparare al nostro passo, a vedere con i nostri occhi.

Graffiti

Ritornare a Bangkok nei giorni scorsi per prepararci al rientro è stato, inaspettatamente, piacevole (esclusa qualche occasione in cui siamo rimasti incastrati nel “carnevale” di turisti: locali ed attività pensate per loro).

Bar-auto sulla strada: take it easy!

Rivedere i posti della città visitati i primi giorni del viaggio con altri occhi, dopo avere incontrato alcuni tra i luoghi più remoti del Sud Est Asiatico, aver visto come vive la gente là ci ha donato una chiave di lettura per trovare spiegazione o porsi domande su come si sia potuto evolvere tutto in quel modo….sul perché di alcune loro azioni, visioni, concezioni…

Statue votive nel quartiere di botteghe dedicato, Bkk

Le persone in questi luoghi sono indubbiamente belle…

Bottega di erbe medicinali della tradizione thai
Tartaruga nei canali attorno ad un tempio
 Canale, battellino e gente di Bangkok
Bottega del ferro riciclato Bkk (posti assurdi)
Contrasto tempio-pubblicità
Meak Bochea, festività buddhista: riunione spontanea dei monaci attorno agli insegnamenti del Buddha durante il plenilunio

Ci troviamo in Oman, all’aeroporto nuovo di zecca di Muscat, dove attendiamo l’aereo di coincidenza per l’Italia, Milano Malpensa. Chi ci circonda sono specialmente persone locali vestite con abiti tradizionali, tuniche, turbanti, veli… Vediamo occhi di volti curiosi che si celano dietro a teli neri…
Talvolta uno scalo in aereo può risultare tanto interessante.
È ora dell’imbarco e ci dirigiamo tutti sull’aereo.

21/02/2019

Siamo in Italia…
L’aria è più frizzante, ce ne siamo accorti già usciti dall’aeroporto ieri sera.
Sono bastati 10 minuti una volta scesi dall’aereo per rendersi conto di essere tornati qua: la cafoneria, non il rispetto del diverso, si sono manifestati al ritiro bagagli, quando un ragazzo frustrato che lavora lì a Malpensa si è rivolto in Italiano ad una famiglia indiana che non capiva la lingua…
Come fare a superare la frustrazione? Dovrebbe avvenire un cambiamento culturale nel nostro Paese…Chissà se ce la faremo…basterebbe metterci un po’ di volontà anche di condividere le proprie pene con gli altri e sentire e vedere gli altri e le loro pene…
Siamo fiduciosi!

Al risveglio stamani mi è stato inevitabile pensare all’Indocina da cui siamo appena tornati e ripercorrere le tappe.

Ricordo i volti di chi abbiamo incontrato e con cui abbiamo condiviso qualcosa….È semplicemente stupendo…
Ve le vorrei scrivere, descrivere, mostrare, spiegare di come li abbiamo conosciuti, di ciò che sappiamo e di ciò che abbiamo potuto intuire di loro… Ma temo che potrebbe risultarvi un tantino noioso.
Preferirei raccontarvi tutto di persona con la mia mimica sfacciata e spontanea e lasciarvi la curiosità di incontrarli voi stessi senza che io vi riveli tutto quanto!

In questo viaggio abbiamo potuto immortalare in una sfilza di fotografie momenti, luoghi, persone che ci colpirono…
Ma quello che davvero mi porto nel cuore sono le fotografie ed i video non fatti delle occasioni in cui abbiamo preferito goderci e vivere completamente l’attimo senza distrarci dietro l’obbiettivo…Saranno queste che custodiremo nella nostra storia… Saranno questi ricordi che ci faranno brillare gli occhi nel raccontarli… Saranno queste alcune tra le memorie più preziose che coroneranno la nostra vita…

Rendiamo grazie!

E ringraziamo voi che avete voluto seguirci, che avete voluto condividere con noi una tale esperienza! La mia speranza è che in qua ed in là abbiate potuto sentirvi un po’ lì con noi…non invidiandoci, ma, anzi, trovando uno spunto per poter partire in esplorazione anche voi.
Io vi ringrazio perché, sapendo di voi, ho trovato, in alcuni momenti duri, la forza di scrivere…di raccontarvi…e vi ho sentiti vicini…
Grazie!
Kòrp jai!

A presto!
Sabai dee!!

E state sintonizzati sul blog che ce ne saranno di nuove!

Il tempo gocciola e tiriamo le somme

Il tempo ci sfugge di mano…

Siamo a pochi giorni dal termine…E non ci par vero…dopo due mesi e mezzo a rincorrere le tappe del nostro grande “loop” (giro) abbiamo deciso di prenderci queste ultime due settimane thailandesi per riposare e ripercorrere i passi effettuati, le scoperte realizzate…le rivelazioni ottenute…

Mi guardo allo specchio e, ammetto, posso vedere i segni di questi tempi percorsi: sono ancora io, ma diversa.

Il viaggio ancora non è concluso e chissà cosa ci aspetta per i prossimi giorni: c’è sempre qualche colpo di scena dietro l’angolo. Qualunque cosa, pur semplice che sia, può rivelare un messaggio, può sussurrare un segreto, mostrarti una via… può generare uno shock, può rincuorare, coccolarti e farti sentire a tuo agio… Tu devi solo “essere” e intuire quanto puoi tenerti “aperto”, oppure se è meglio “chiudere” un po’… La porta del cuore, la porta dell’anima…solo tu sei in grado di esserne…”La portinaia!” (sorriso sul volto di chi è appassionato dei vecchi Giacomo e gli altri due)….torniamo a noi…

Pai: lungofiume

Ci troviamo a Pai, Thailandia: è un posto parecchio turistico, è vero, ma qui, come a Chiang Rai (tappa precedente) stiamo trovando la situazione ideale per permetterci di osservare, di osservarci.
Abbiamo preso alloggio al KK Hut: un delizioso e, ovviamente, economico gruppo di capanne con l’amaka sotto il portichetto. Leggere, scrivere, approfondire, dialogare ed, anche sì, un po’ di esplorazione sono le attività che ci occupano le giornate…

A nord di Pai

Pai è una cittadella tranquilla dove è possibile trovare il centro della vita notturna, evitabile a piacimento, e la parte dedicata ai dormitori dove la vita è davvero piacevole; in ogni caso gli edifici sono bassi e questo lo apprezzo.
È contornata da un terreno montuoso dove è possibile vedere il cielo, albe e tramonti.

…questo è tutto mio…questo è tutto nostro…

Ci sono attività sportive ed anche attrazioni naturali come caverne, cascate, un Canion, geyser, e sorgenti di acqua calda… Non volendo mettere troppa <>, ci limiteremo a visitare le novità… Non vogliamo correre.

Piccolo geyser: se avete due uova da bollire…..

Siamo molto grati per questa opportunità vissuta fino ad ora e pieni di entusiasmo per l’avvenire.

Cecati dal sole delle 11

C’è il koreano che suona e canta un malinconico rock, scandendo la mattina, il pomeriggio, la sera con musica e meditazione… C’è il britannico venuto qua per espiare qualcosa, cercare un po’ di stabilità per la sua vita nella quiete di questo luogo… Ci sono state le coppie di giovani russi: tranquilli, entusiasti di esplorare e con lo spirito giusto… C’è stato l’uomo “inquadrato” di mezza età: imbarazzato al contatto, si teneva aggiornato online e tentava di adattarsi ad una vita ridotta ai minimi termini… C’è la donna dipinta di anni ’70: passeggia in riva al fiume che scorre…ed ancora, ed ancora…e poi…
… Poi ci siamo noi… come eravamo ci conoscevate…come siamo ci conoscerete!

Aggiro per Pai… Ci piacciono i fiumi come avrete notato…
Un esemplare di elefante e la sua “caccotta”
Ta Pai memorial bridge
Monaco viandante a spasso
Pai canyon
Tramonto al Pai canyon
Alla hotspring nella riserva naturale a Nord di Pai
Angolino “spaziale” nelle campagne di Pai
Io sotto la nostra capanna
…guardando dall’alto scorsi in lontananza…

Le ultime tappe laoziane

E così è successo: abbiamo lasciato il Laos.
Il tempo là è stato così magico, così appagante, le persone belle, i paesaggi mozzafiato, le esperienze “fullfilling”….che non ho praticamente mai avuto modo di aggiornarvi. Il Laos ci è piaciuto talmente tanto che ci sembra ieri quando siamo entrati nel Paese…il tempo lì è trascorso piu velocemente… è un’ingiustizia!

La capitale era un “must” da visitare dunque dopo Tham Kong Lor ci siamo andati. Là abbiamo visitato templi in città e fuori città…abbiamo risolto un piccolo problemino burocratico ,(estensione del visto), ed abbiamo visitato uno dei monumenti più importanti del Laos: lo Stupa dorato Pha That Luang.

Lo stupa dorato
Buddha Park

Da lì ci siamo spostati a Vang Vieng. Attorno a questo luogo abbiamo compenetrato le buie viscere della terra. Infatti anche qui, come a Kong Lor, le montagne rocciose a strapiombo sono state modellate internamente da penetrazioni acquose lente e profonde…
Non siamo riusciti a fermarci dietro i divieti o a seguire il consiglio di non andare oltre… Quello che ci ha spinti a strisciare, talvolta, per raggiungere le camere successive delle caverne, forse, è stata la consapevolezza che quei momenti ERANO, che non potranno essere più, e che li stavamo vivendo noi, lì…nessuno ce li aveva raccontati.
Curiosità, stupore, paura, talvolta, ci hanno fatto sentire vivi…e me la ricordo la connessione che ho provato in quei momenti con la Natura.
Non ci sono altre parole da aggiungere.

Hoi Cave

Cristalli residui sulle pareti di Hoi Cave: un’emozione indescrivibile

Blue lagoon 4: che bei salti!
Quando ci siamo “persi” in mezzo alle risaie
Aracnidi che si possono trovare al buio nelle caverne

Nell’ultimo periodo siamo stati a Luang Prabang, una città coloniale francese: un gioiellino!
Ci è servito un po’ ricominciare a tastare un po’ di Europa per prepararci all’imminente partenza….
Luang Prabang è una meta desiderabile ed alla portata di coloro che vogliano cambiare aria, ma non abitudini: infatti offre tutto ciò che un europeo potrebbe ritrovare in patria, ma in una dimensione accogliente, dove tutto è raggiungibile a due passi e dove i Laoziani sembrano stare divinamente….
Ci è sembrato di trovarci a Spectre: chi ha mai guardato “Big Fish”, (capolavoro di uno dei miei registi preferiti), potrà intendere la sensazione.

Ponte in bamboo di attraversamento del Mekong
Barche al tramonto
Auto d’epoca fuori da un’hotel
il nostro amato mercato dell’alba
Vista della città dalla collina Phou Si
Raffigurazioni sulla facciata di uno degli svariati templi della città
Scatto: The story telling

Ad una trentina di km da Luang Prabang si trovano la cascata Kuang Si. Abbiamo avuto la gioia di visitarle e venire “spruzzati” dalla sua potenza. A qualche km a piedi piu su delle cascate è stato possibile vederne anche la sorgente: una pozza d’acqua, apparentemente, calma.

La parte più alta delle cascate

È stata una piacevole sorpresa trovare lì, dentro il Parco delle cascate una riserva di orsi a tremendo rischio di estinzione nelle foreste del Lao, il Moonbear. Queste creature sono cadono nelle avide mani dei bracconieri che li cacciano per le loro zampe (usate per la preparazione di zuppe) e per la loro bile (che viene usata in Medicina tradizionale cinese per la cura di patologie epatiche e per rinforzare il fegato). Povere creature… Nella riserva ne abbiamo visti cinque, ciascuno con un nome e delle abitudini ed attitudini.
Simpaticissimi!

Moon bears della riserva

Una Natura incredibile…
Ragazzi!
Ma che ve lo racconto a fare?!?
Dovete veniiirciiii!!!!

Ficus altissima che culla Mat

E non è finita qui!!!

Subito dopo Luang Prabang abbiamo viaggiato a Luang Namtha!!!! Pensavamo di non riuscire a permettercelo, invece siamo riusciti a partire per una spedizione nella giungla del Laos in zone a pochi (dico davvero pochi) km di distanza dalla Cina. Nella spedizione eravamo in tre coppie e due giide locali. Ho chiamato la spedizione “coping with joy and health the next goal”, vorrebbe significare nel mio inglese un po’ maccheronico “perseguire con gioia e salute il prossimo obbiettivo”… Questo perché i momenti di peircolo ci sono stati: una coppia di ragazzi faceva fatica a reggere il passo su per le scoscese pendici della giungla Nord della Nam Ha National Protected Area, mentre io, il secondo giorno, ho dato spettacolo con un fantastico capitombolo dopo che unaporzione di terreno ha ceduto sotto i miei piedi. Per fortuna tutto apposto 😉

Eccola qua un po’ di giungla
Il torrentello nella giungla

Durante la camminata abbiamo visitato dei villaggi i cui abitanti appartengono ad alcune delle minoranze etniche laoziane. Un villaggio Taidam dove abbiamo cantato, ballato e mangiato e sorseggiato con gli abitanti generosi in occasione del Capodanno della loro etnia e due villaggi Akha. Abbiamo dormito in uno di questi ospitati da una famiglia.
Abbiamo anche avuto tempo prima del pranzo su foglie di banano, il secondo giorno, di fare un bagno nelle GELIDE acque rivitalizzanti di una cascata.

Il bagno nello specchio della cascatella
Bestiolotte maialose all’homestay
Usciti dalla foresta alberi di caucciù

E ce ne sarebbero altre ed altre ancora….quanti volti abbiamo incontrato, quante presenze simpatiche…
…ma il sole oggi è tramontato per noi in Laos e siamo già in Thailandia. Un giorno per noi il sole del Laos sorgerà di nuovo…
Quante cose ancora da scoprire!

Tham Khong Lor, Laos: tra Natura e…magia

19-01-2018

Il gallo ha cantato…

È ora di alzarsi: son le 5:30 del mattino, anche la sveglia ha suonato.
Cominciano presto le giornate a Kong Lor, il villaggio dove ci troviamo da un paio di giorni.

Uno spettacolo.

Il fiume scorre giusto a una decina di metri giù, sotto la casa a palafitte dove ci troviamo.

Arrivati il 17 gennaio nel tardo pomeriggio abbiamo trovato una simpatica famiglia tra i vari homestay che il villaggio offre insieme a qualche guesthouse…
Abbiamo subito capito che era la famiglia che faceva al caso nostro: un vecchio signore affacciato alla veranda della casa sollevata 3 m da terra ci guarda e ci dice: “Homestay.”. Ci rivolge dei gesti accompagnati da suoni labiali, batte le mani e sorride. Ripete l’operazione. Ciò che ci vuole dire è che per stare da lui pagheremmo 50000 kip (poco meno di 5€) ciascuno per mangiare e dormire da lui. Era fatta!

Entriamo e l’uomo ci apre una piccola stanzetta adiacente, ma indipendente, alla sua casa dove potremo dormire.
L’uomo, che si chiama Suòn, comincia ad aprire delle buste di cellophane che contengono materasso, cuscini, coperte…tutto il necessario per permetterci di dormire comodamente!
Mat dà lui una mano a disporre il letto e tutto il corredo: un’esperienza divertente, ha detto.
Il Sole tramonta dietro colori incredibili, nuvolette e montagne mozzafiato e noi ne godiamo…
Suòn nel frattempo gesticola (parlando la sua lingua) con me e mi dice di avere 83 anni e chiede la nostra età. Non avrei davvero potuto immaginare avesse 83 anni!
È pronto da mangiare e ci invita ad entrare nella sala, luogo adibito a tutti i momenti della giornata nelle case laoziane, anche a dormire. Nella sala sono appese cornici con fotografie di lui e sua moglie da giovani (due figurini) e di una delle tre figlie, la quale pare una modella, l’unica che vive a Tha Khek.
Accanto ai nostri cuscini, dove difenderemo a mangiare, ci sono i tipici khao niao, cestinetti con coperchio dove i laoziani son soliti disporre, avvolto in foglie di banano, lo “sticky rice”, un riso colloso, appiccicoso, delizioso che accompagna ogni pasto, come companatico. Ci sediamo sui cuscini ed arriva una donna anziana, tutta ricurva su sé stessa, che porta un enorme vassoio con piedistallo pieno di ciotole di cibo.
Inaspettatamente succede qualcosa: Suòn si inginocchia accanto a Mat, mentre la signora, Buùn, si siede accanto a me. Aprono il khao niao prendono un po’ di riso e ce lo appallottolano ben bene sulla mano destra. Suggeriscono poi di prender l’uovo alla cock e di metterlo sopra il riso nella mano, lo schiacciano, poi prendono dei fili bianchi di cotone e ce li legano attorno al polso recitando insieme qualcosa…poi si scambiano e fanno lo stesso lei a Mat e lui a me…

Ai miei occhi erano già degli sciamani…

Ci apprestiamo a mangiare ringraziando.
Ovviamente leccornie tipiche.
A poco a poco una delle figlie si avvicina e si inginocchia: dopo poco ci ritroviamo attorniato da diversi volti tutti affascinati dal nostro appetito e da come gradiamo il cibo. Così è andata la prima sera e così la seconda…Ci aspettiamo si ripeta anche la terza: quando non c’è la televisione, ma ci sono gli stranieri, come meglio passare il tempo?!?

(…)

23-01-2019

E così fu…

Più li guardo e più mi accorgo dei loro modi di fare, delle loro azioni e come si muovono… vedo la scia di energia che si portano dietro… Mi trasmettono qualcosa di magico e misterioso, pur nella loro semplicità fatta di carne…

E l’intuito non tradisce…
La seconda sera durante la cena arriva una donna: è la seconda figlia. Porta un piccolo cestino di latta con fiori, candeline e fili bianchi di cotone…
Ci fa intendere che ha mal di denti…
Noi salutiamo e continuiamo a mangiare…
Il mio sguardo indagatore li osserva e, tutto ad un tratto, inaspettatamente, Suòn, che stava “armeggiando” con una candelina gialla arrotolata, se la infila, ACCESA, in bocca e poi soffia sulla guancia della figlia…

Astonished!

Lo ripete tre volte…
Il centimetro era un’offerta perché Suon potesse soffiare via il male!!!

Godo!

L’ultima sera è stata un’ottima occasione per fare qualche foto ricordo e un momento speciale, poiché è stato il momento in cui abbiamo consegnato alla famiglia un foglio dove avevamo scritto in laoziano (ogni tanto bisogna cimentarsi anche in quello che non si conosce) i ringraziamenti alla famiglia per l’ospitalità e che gli vogliamo bene…

Noi tutti
La cucina e i capi famiglia
Il biglietto di ringraziamenti consegnatogli

Gli vogliamo davvero bene…Una famiglia davvero dolce…due vecchietti forti, pur con i loro acciacchi, e con uno spirito sereno…
Non parlavamo lo stesso linguaggio verbale…ma, il più delle volte, quando ci guardavamo con il cuore ed eravamo ben attenti, ci siamo capiti… e ci siamo scambiati emozioni.

Sono certa che qualunque famiglia avessimo scelto sarebbe stata speciale, ma noi abbiamo scelto loro…Ci siamo sentiti chiamati….

Come mai ci trovavamo a Tham Khong Lor?

Beh semplice: poiché è casa di uno dei patrimoni della Natura!
Infatti qui si trova una delle caverne più spettacolari che abbia mai visto nell’intera vita: vi invito a visitarla quando ne avrete l’opportunità!
Rimarrete incantati dalle meraviglie che la Natura può! Seduti su una barca, che scivola nelle ombre e nel buio più profondo della Terra, troverete quello che il Tempo, con pazienza, ha potuto creare… un habitat per creature che appaiono nelle favole e nelle fiabe…. E non sarà importante solo ciò che potrete vedere, ma ciò che percepirete, le emozioni che il vostro cuore proverà, le sensazioni di un’avventura che, un tempo, costituivano la nostra quotidianità, ma che ora non siamo più abituati a vivere… E la fantasia sarà libera di creare realtà immaginarie, un tempo verosimili…sarà libera di assaporare, di nuovo, quello che le manca da tanto tempo…ricordando quei tempi sepolti nella Memoria dei nostri avi…e nella Memoria di ciò che siamo stati quando ancora non pensavamo sarebbe stata storia…

Entrando la caverna
Dentro la ccaverna in continua formazione
Stalattiti, stalagmiti ed altre formazioni carsiche
Wao!!!

Sarete lì: con la mente, con il corpo e con la vostra anima… Non fuggire con il pensiero… perché dovrete essere vigili insieme a chi guida la barca, che ogni giorno deve adattare il percorso in base al livello dell’acqua che cambia a seconda della stagione e delle condizioni ambientali….
Vivrete un’esperienza VERA…. che non può essere descritta a parole, ma solo osservata ed immaginata attraverso delle immagini.

Fuori dalla caverna altra gente entusiasta come noi

Partecipando a questa “spedizione” all’interno della caverna, che permette la comunicazione dei due estremi del monte, sarete in grado di sostenere l’economia locale e di preservare insieme agli abitanti del luogo quel pezzo di Natura che si trova a Khong Lor… E, se sarete fortunati come noi, verrete invitati a mangiare cibo locale perché vi troverete nel posto giusto al momento giusto…

Le montgame attorno alla caverna

SPET-TA-CO-LO!

Stung Treng: gita in campagna

Stung Treng, 03 Gennaio 2019
Gita in motorino

Stupendo: strade sterrate e gente ancora pressoché “incontaminata”.

Ponte di legno

Ci fermiamo un attimo ed al di là della starda c’è un tempio, Mat entra nel tempio, mentre io lo attendo sulle sponde del Mekong, a Sud.
Non me la sento di entrare al tempio, mi sentivo un tantino a disagio, nonostante non fosse certo la prima volta. È un giorno così…

Il tempio della Pagoda
Il tempio

Mat torna e racconta che al tempio una signora gli ha offerto del cibo. Lui ha ringraziato, ma non lo ha preso.
Sentivo che avrebbe voluto accettarlo, dunque gli dico che saremmo tornati nel tempio.

E così è stato, per grazia divina.

Torniamo nel tempio e la donna ci offre del cibo: lei e dei bambini continuano a portarci piatti. Noi non sapevamo come ringraziare.
Mangiammo questo cibo preparato con dedizione. C’era anche un monaco.

Dopo il pasto cercammo di dialogare, chiaramente senza parlare la stessa lingua.
I gesti, ma soprattutto, gli sguardi ci permisero di comunicare.

Ci siamo donati gli uni agli altri, senza pretese, senza recitare, veri.
È stato un momento bellissimo.

Poco piu tardi c’è stato chi ha riposato, e chi….ha goduto del momento, assaporando il tempio.

Il tempio lo teniamo dentro di noi, solo che non ci concediamo mai i momenti per celebrare i nostri rituali, per riflettere, per osservare, per ascoltare, per stare.
Ecco che nasce il tempio fisico: per darci la possibilita di fare tutto questo, in un luogo dedicato a questo, dove ci sentiamo legittimati a dedicare tempo a noi, agli altri, a qualcuno, a qualcosa….e chissà….
Ecco la sua importanza…

Noi siamo qui, siamo come siamo, dobbiamo accettarci e donarci all’altro così, senza imitare (nel bene e/o nel male) cio che pensiamo di essere.
Per stare bene con noi stessi: siamo sinceri con noi e con gli altri e assicuriamoci la “fortuna” di trovare altri che facciano lo stessocon noi, chiamiamoli a noi…

Sii come sei.

Altre fotine della gita deliziosa…

C’è chi rumina
Tenero orticello in pendenza 1
Tenero orticello in pendenza 2
Una chiesa
Er ‘ bove vorse?
Pescatore sul Mekong
Mangiando sopra il Mekong

Qualche foto attorno a Stung Treng:

La famigliola all’ orto sul Mekong
Mekong
In visita al Mekong Blue: centro per le donne
La storia dei delfini nel Mekong

A risentirci alla prossima!