viaggio

Ed il carro porta a spasso in Nord Africa

È il volto di una bambina che ci attraversa la strada puntando la mano per indicarci di fermare la vettura proteggendo sua madre.
È la gioia di un momento di sole splendente in cui troviamo una fonte d’acqua pura sull’altopiano innevato e realizziamo di poterci fare una doccia dopo più di una settimana di privazione.
È, ancora, lo sguardo generoso di un’infante che ci porge una busta per raccogliere il pane appena acquistato…
È la terra rossa che si alterna agli ulivi su pendii poco frequentati.
È lo sguardo di un ragazzo che si leva la “maschera” di rivenditore e mi sorride quando anche io, guardandolo bene negli occhi, gli rivelo ciò che penso.
È l’aria fresca della montagna che ti risveglia i sensi dopo giorni di stordimento cittadino.
È il richiamo alla preghiera che ci sorprende cinque volte al giorno e ci ricorda di rendere grazie.
Sono le gole in un deserto roccioso che attraversiamo prudentemente, fiduciosi che un antico ponte in legno possa sorreggerci.
È guidare su una strada che si perde all’orizzonte e si fonde con il cielo.
È l’osservare villaggi di fango, sassi ed erba secca ed i loro abitanti che resistono al freddo ed al caldo.
Sono le parole di chi incontriamo, in lande desolate, che ha voglia di conoscerci.
È il mistero che avvolge una terra e la cultura degli abitanti che la abitano.

È forse tutto questo ciò che andiamo cercando?

È tutto questo, e molto altro, che scandisce le nostre giornate da una decina di giorni oramai: siamo in viaggio, ancora una volta, ma in modo diverso.
Questa volta è il mitico Furg-one a portarci a spasso e le nostre mete spaziano tra i confini di una terra magnifica, accattivante e un po’ curiosa: il Marocco.

Catenaccio nella Medersa Bou Inania, Fez

Dopo un percorso in traghetto di due giorni dall’Italia, in compagnia di famiglie dirette al loro Paese d’ origine, siamo sbarcati lo scorso 20-01-2020 a Tangeri Med grande porto dirimpetto a Gibilterra.
Ed è qui che parte il cronometro che misura la nostra permanenza in Marocco: le quattro ruote ci hanno già portato a visitare Totouane, Chefchaouen, Moulay Hydris, Mekness e Fez. Queste città, tra grandi e piccine che siano, ci hanno introdotto a quella che è la vita nella Medina (=la città vecchia dei Paesi di origine araba): vicoli stretti e case drammaticamente contigue che lasciano spazio, lungo le vie più dirette, a botteghe di articoli di artigianato (quali tappeti, tuniche, ciabatte, borse e quant’altro), prodotti per il benessere (come oli pregiati di Argan, saponi, profumi, kajal, henna e molto di più) e, per fortuna, anche cibo e spezie. Il tutto condito con una colonna sonora di musica tradizionale, piuttosto che di letture coraniche per i più appassionati, e ristoranti a tutto spiano che emanano aromi dall’effetto aperitivo. In questi luoghi ci è più volte capitato di attendere che il bottegaio tornasse dalla preghiera alla moschea.

 Mat a Chefhaouen

A chi pensa che il Marocco sia sole, mare e caldo dico che abbiamo già attraversato e dormito circondati dalla neve su monti alti intorno ai 2000 m slm e guidando continuiamo a fare su e giù dai pendii scorgendo attorno catene montuose innevate che si aggirano sui 4000 m slm.

Lago ghiacciato attraversando l’Atlante innevato

Infatti il Marocco è un Paese densamente concentrato di catene montuose tra cui quelle che abbiamo attraversato: il Rif a Nord e l’Atlante che lo taglia tutto al centro. Siamo fortunati, infatti, di non capitare in un periodo di bufere, durante il quale avrebbero necessariamente dovuto chiudere le strade per permettere agli spazzaneve di pulire e, trattandosi delle uniche vie di comunicazione tra grossi centri, alle ambulanze di poter circolare senza lunghe code di gente locale in cerca di “pupazzi di neve”.

Io e Mat ad Aoulì: caldo bestia di giorno, freddo peso di notte

…Scimmia? Chi ha mai visto una scimmia in montagna con la neve?
Alziamo la mano!
Ebbene sì! In Marocco è ancora possibile vedere sull’Atlante esemplari di macachi berberi, anche detti bertucce. Comitive di persone si accostano lungo la strada per osservarli facendoli avvicinare con del cibo (azione che mira poco a salvaguardare la loro sicurezza, rendendoli più facilmente preda di bracconieri).

Non solo questo: anche il deserto riesce a toccare il Marocco! L’altro ieri abbiamo guidato attraversando le gole di un deserto roccioso (hammada) alla ricerca di un villaggio abbandonato chiamato Aoulì, nella provincia di Midelt.

Deserto roccioso nei dintorni di Midelt

Uno scenario mozzafiato che ci ha condotto, oltrepassando miniere di piombo ormai in disuso dal 1975, a incontrare Abdu e la sua famiglia che ci hanno offerto un thè nella loro casa chiacchierando del più e del meno. Questo ragazzo 22enne conosce inglese, francese e sta imparando il tedesco, tutto questo studiando su alcuni libretti che ha in casa. Abdu ci è venuto incontro appena giunti al villaggio spinto da una grande voglia di parlare e fare pratica.

Aoulì

Durante la nostra uscita abbiamo incontrato il maestro della piccola scuola del villaggio che insegna ai bambini delle famiglie rimaste. Egli ci ha spiegato che la quasba di quel villaggio era stata abitata da coloro che lavorarono alla miniera delle gole di Aoulì la quale era stata fondata dai francesi nel lontano 1925 quando questi vi avevano trovato giacimenti di piombo. Poi, una volta esaurita questa risorsa nel 1975, queste miniere erano state chiuse. Ad ora vi è una miniera in un villaggio vicino dove viene estratto il vanadio.

Se mi avessero detto che quella zona potesse essere ricca dal punto di vista minerario, a giudicare dalla modestia delle abitazioni e di chi le vive, non vi avrei probabilmente creduto. Tuttavia, per gli appassionati di minerali, lo è.

Valle del Ziz

È passata poco più di una settimana e la nostra voglia di scendere a Sud ci ha mossi dal mare, ad alcune tra le città imperiali, ai monti innevati, al deserto roccioso, alla Valle di Ziz per addentrarci in altre due quasba abbandonate e oramai consumate dagli agenti atmosferici e dal tempo. Una di queste si trova ad Ifri, l’altra a Meski, non troppo lontana dalle sorgenti del fiume Ziz.

La quasba di Ifrì, Valle del Ziz

Entrare nello spazio delimitato da quelle mura di terra impastata con paglia e sassi e vedere le stanze e come tutto fosse costruito in miniatura, a causa delle esigenze del tempo, ci ha permesso di immaginare come quelle persone potessero vivere. Un uomo che gestisce una locanda a Ifri ci ha raccontato che in tempo di guerra la gente si era rifugiata all’interno di questa quasba fin tanto che, quando il conflitto era cessato, la quasba era stata abbandonata permettendo agli abitanti di vivere in case più ampie.

In visita alla qasba di Ifrì

Roteano roteano le ruote del carro…

Quasba abbandonata di Meski

… Ed oggi… beh oggi siamo alle porte del deserto…Merzouga ci aspetta!

E da qui in poi, per chi vuole, sarà un piacere potervi raccontare…

Io e Mat alle sorgenti di Meski

M’a ssalama!
Arrivederci!
E a risentirci!

Rientro dall’Indocina

Muscat aeroporto, Oman, 20/02/2019

Non possiamo crederci sia già finita…forse perché in realtà non è finita per niente quest’avventura…

Lasciata Bangkok questa mattina, molto prima che facesse alba: gli zaini sono apparsi più leggeri di quando ce li eravamo caricati in spalla 85 giorni fa… Non si tratta di oggetti, bensì di attitudini che, con determinazione, abbiamo lasciato alle spalle: di fronte alle difficoltà avremo dei ricordi a cui attingere per trovare la forza e la chiave per superarle… E continueremo ad imparare al nostro passo, a vedere con i nostri occhi.

Graffiti

Ritornare a Bangkok nei giorni scorsi per prepararci al rientro è stato, inaspettatamente, piacevole (esclusa qualche occasione in cui siamo rimasti incastrati nel “carnevale” di turisti: locali ed attività pensate per loro).

Bar-auto sulla strada: take it easy!

Rivedere i posti della città visitati i primi giorni del viaggio con altri occhi, dopo avere incontrato alcuni tra i luoghi più remoti del Sud Est Asiatico, aver visto come vive la gente là ci ha donato una chiave di lettura per trovare spiegazione o porsi domande su come si sia potuto evolvere tutto in quel modo….sul perché di alcune loro azioni, visioni, concezioni…

Statue votive nel quartiere di botteghe dedicato, Bkk

Le persone in questi luoghi sono indubbiamente belle…

Bottega di erbe medicinali della tradizione thai
Tartaruga nei canali attorno ad un tempio
 Canale, battellino e gente di Bangkok
Bottega del ferro riciclato Bkk (posti assurdi)
Contrasto tempio-pubblicità
Meak Bochea, festività buddhista: riunione spontanea dei monaci attorno agli insegnamenti del Buddha durante il plenilunio

Ci troviamo in Oman, all’aeroporto nuovo di zecca di Muscat, dove attendiamo l’aereo di coincidenza per l’Italia, Milano Malpensa. Chi ci circonda sono specialmente persone locali vestite con abiti tradizionali, tuniche, turbanti, veli… Vediamo occhi di volti curiosi che si celano dietro a teli neri…
Talvolta uno scalo in aereo può risultare tanto interessante.
È ora dell’imbarco e ci dirigiamo tutti sull’aereo.

21/02/2019

Siamo in Italia…
L’aria è più frizzante, ce ne siamo accorti già usciti dall’aeroporto ieri sera.
Sono bastati 10 minuti una volta scesi dall’aereo per rendersi conto di essere tornati qua: la cafoneria, non il rispetto del diverso, si sono manifestati al ritiro bagagli, quando un ragazzo frustrato che lavora lì a Malpensa si è rivolto in Italiano ad una famiglia indiana che non capiva la lingua…
Come fare a superare la frustrazione? Dovrebbe avvenire un cambiamento culturale nel nostro Paese…Chissà se ce la faremo…basterebbe metterci un po’ di volontà anche di condividere le proprie pene con gli altri e sentire e vedere gli altri e le loro pene…
Siamo fiduciosi!

Al risveglio stamani mi è stato inevitabile pensare all’Indocina da cui siamo appena tornati e ripercorrere le tappe.

Ricordo i volti di chi abbiamo incontrato e con cui abbiamo condiviso qualcosa….È semplicemente stupendo…
Ve le vorrei scrivere, descrivere, mostrare, spiegare di come li abbiamo conosciuti, di ciò che sappiamo e di ciò che abbiamo potuto intuire di loro… Ma temo che potrebbe risultarvi un tantino noioso.
Preferirei raccontarvi tutto di persona con la mia mimica sfacciata e spontanea e lasciarvi la curiosità di incontrarli voi stessi senza che io vi riveli tutto quanto!

In questo viaggio abbiamo potuto immortalare in una sfilza di fotografie momenti, luoghi, persone che ci colpirono…
Ma quello che davvero mi porto nel cuore sono le fotografie ed i video non fatti delle occasioni in cui abbiamo preferito goderci e vivere completamente l’attimo senza distrarci dietro l’obbiettivo…Saranno queste che custodiremo nella nostra storia… Saranno questi ricordi che ci faranno brillare gli occhi nel raccontarli… Saranno queste alcune tra le memorie più preziose che coroneranno la nostra vita…

Rendiamo grazie!

E ringraziamo voi che avete voluto seguirci, che avete voluto condividere con noi una tale esperienza! La mia speranza è che in qua ed in là abbiate potuto sentirvi un po’ lì con noi…non invidiandoci, ma, anzi, trovando uno spunto per poter partire in esplorazione anche voi.
Io vi ringrazio perché, sapendo di voi, ho trovato, in alcuni momenti duri, la forza di scrivere…di raccontarvi…e vi ho sentiti vicini…
Grazie!
Kòrp jai!

A presto!
Sabai dee!!

E state sintonizzati sul blog che ce ne saranno di nuove!

Stung Treng: gita in campagna

Stung Treng, 03 Gennaio 2019
Gita in motorino

Stupendo: strade sterrate e gente ancora pressoché “incontaminata”.

Ponte di legno

Ci fermiamo un attimo ed al di là della starda c’è un tempio, Mat entra nel tempio, mentre io lo attendo sulle sponde del Mekong, a Sud.
Non me la sento di entrare al tempio, mi sentivo un tantino a disagio, nonostante non fosse certo la prima volta. È un giorno così…

Il tempio della Pagoda
Il tempio

Mat torna e racconta che al tempio una signora gli ha offerto del cibo. Lui ha ringraziato, ma non lo ha preso.
Sentivo che avrebbe voluto accettarlo, dunque gli dico che saremmo tornati nel tempio.

E così è stato, per grazia divina.

Torniamo nel tempio e la donna ci offre del cibo: lei e dei bambini continuano a portarci piatti. Noi non sapevamo come ringraziare.
Mangiammo questo cibo preparato con dedizione. C’era anche un monaco.

Dopo il pasto cercammo di dialogare, chiaramente senza parlare la stessa lingua.
I gesti, ma soprattutto, gli sguardi ci permisero di comunicare.

Ci siamo donati gli uni agli altri, senza pretese, senza recitare, veri.
È stato un momento bellissimo.

Poco piu tardi c’è stato chi ha riposato, e chi….ha goduto del momento, assaporando il tempio.

Il tempio lo teniamo dentro di noi, solo che non ci concediamo mai i momenti per celebrare i nostri rituali, per riflettere, per osservare, per ascoltare, per stare.
Ecco che nasce il tempio fisico: per darci la possibilita di fare tutto questo, in un luogo dedicato a questo, dove ci sentiamo legittimati a dedicare tempo a noi, agli altri, a qualcuno, a qualcosa….e chissà….
Ecco la sua importanza…

Noi siamo qui, siamo come siamo, dobbiamo accettarci e donarci all’altro così, senza imitare (nel bene e/o nel male) cio che pensiamo di essere.
Per stare bene con noi stessi: siamo sinceri con noi e con gli altri e assicuriamoci la “fortuna” di trovare altri che facciano lo stessocon noi, chiamiamoli a noi…

Sii come sei.

Altre fotine della gita deliziosa…

C’è chi rumina
Tenero orticello in pendenza 1
Tenero orticello in pendenza 2
Una chiesa
Er ‘ bove vorse?
Pescatore sul Mekong
Mangiando sopra il Mekong

Qualche foto attorno a Stung Treng:

La famigliola all’ orto sul Mekong
Mekong
In visita al Mekong Blue: centro per le donne
La storia dei delfini nel Mekong

A risentirci alla prossima!

Sorprese a Battambang

Finalmente!

Dopo settimane di “peregrinazione” alla ricerca di un’oasi tranquilla tra gli umani, ci siamo imbattuti in un paradiso in terra.

Abbiamo visitato Kampot, dove, durante una gita fuori porta al suo vicino parco Nazionale di Bokor, abbiamo potuto essere spettatori di una natura stupenda che pensavamo incontaminata, fino al momento in cui abbiamo visto comparire, sulla cima della collina, in mezzo al “nulla”, un immenso complesso architettonico in stile comunista. Si trattava di un Casinò costruito dai cinesi (per i cinesi) ed altre strutture sempre costruite da loro. Questo ci ha lasciati un po’ amareggiati.

Ci siamo poi spostati a Phnom Penh: vita caotica, seppur interessante, dove l’ultima notte siamo stati ospiti di un ragazzo francese, che ci ha ospitato tramite couchsurfing, in un meraviglioso attico nel centro.

Abbiamo lasciato la capitale con il cuore sereno per dirigersi verso Nord e siamo così giunti a Battambang. Una città deliziosa, anche lei, come le altre, disposta sul fiume.
È stato lì che, durante un’uscita per visitare le rovine del tempio di Banan Prasat abbiamo scovato un luogo semplice, disperso nelle campagne.
Eravamo in motorino quando incontrammo un cartello in legno con scolpita una freccia ed una scritta: The Flower Garden.

The flower garden
The flower garden

Non potevamo che seguire la freccia!

Era una strada sterrata che ci portò fino alla Fattoria. Là trovammo delle persone locali che non parlavano inglese, ma ci indicarono l’accesso al giardino dove, con dedizione, coltivano e crescono fiori stupendi: macchie di colore, aiuole, un sottofondo musicale rilassante che ci hanno subito fatto sembrare di non essere in Cambogia, dopo l’esperienza della città a cui eravamo abituati.

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Arrivò un uomo che parlava qualche parola di inglese: una persona col sorriso sul volto… gli chiedemmo qualche informazione sul posto ed è stato lì che abbiamo scoperto che coltivano fiori da vendere a chi vuole fare un dono.

The flowers fields
The flowers fields

Lo ringraziammo ed attraversammo la strada. Là arrivò Kanika, una ragazza dai lineamenti raffinati: ci accoglie e ci spiega che offrono anche uno spazio di riposo per i forestieri che, durante il loro viaggio, sentono il bisogno di una pausa. Questi possono, infatti, sistemarsi all’ombra di capanne a palafitte che circondano il giardino o un un’ altro spazio, sempre all’ombra nell’aia, su amache o su tappeti, bevendo un drink.

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Non ci sembrava realtà ed eravamo FELICI di aver trovato quel posto e quelle persone!

Bananas trees
Bananas trees

Ecco allora che parliamo, parliamo e parliamo ed è lì che chiedo a Kanika se conosce qualche fattoria nelle vicinanze che cresca piante medicinali.
Non conosce nessuno che faccia quel mestiere, ma mi parla di un uomo che utilizza le piante e la Medicina tradizionale Khmer allo scopo di guarire.

Detto fatto: ci scambiammo i numeri telefonici e ci accordammo per andare a incontrare l’uomo medicina che vive ai piedi della montagna.

Due giorni dopo, come promesso, ci trovammo e partimmo tutti insieme per raggiungere lo Kru Khmer.

Un uomo di bassa statura, tutto d’un pezzo che portava i capelli neri fatti in un unico grosso rasta raccolto in testa e una barbetta folta.
Dopo le presentazioni partono le domande….

Kanika è stata la nostra interprete.
Orm è il suo nome e fu suo nonno a insegnargli i segreti delle piante. Suo nonno piantò degli alberi medicinali che ancora vivono e sono cresciuti attorno alla sua casa. Ogni pianta lì attorno è “tnam” (= “medicina” in Khmer). Ora va a raccogliere sulle montagne le piante che non può trovare vicino a casa. Una volta raccolte le essicca per poterle conservare.

Non è stato sempre semplice intendere quello che l’uomo rispondeva alle mie domande poiché Kanika non conosce perfettamente l’inglese e talvolta non riusciva a tradurre.
Tuttavia l’emozione che ho provato a stare lì in quel momento la ricordo bene: ero felice e mi sentivo onorata.

Orm dice che nella Medicina degli Khmer, oltre alle piante secche in infusi, decotti e tisane, è usanza preparare estratti idroalcolici, sciroppi, impiastri, unguenti e balsami e chissà quali altri preparati che non ho potuto comprendere.
Ci ha fatto esempi di diverse piante e di alcuni loro usi, dicendo che anche loro utilizzano tutte le parti della pianta che hanno effetti su diverse parti dell’organismo.
Ci ha mostrato, ad esempio, una radice simile allo zenzero ma la cui polpa è dotata di un colore azzurro con delle nervature concentriche. Ha chiamato questa radice “Broteal sboun”, in lingua Khmer, e ha detto che viene utilizzata in caso di problemi digestivi legati allo stomaco e bruciore di stomaco. Dopo avere accuratamente pulito la radice dalla sua corteccia con l’unghia lunga 7-8mm del mignolo (usanza comune qui in Sud Est Asiatico) l’ha assaggiata e ce l’ha passata per assaggiarla a nostra volta: un sapore pungente e balsamico allo stesso momento che ci ha fatto digerire. L’effetto è stato immediato.

L’ho sottoposto a diverse domande (spero non si sia sentito sotto interrogatorio!) una delle quali riguardava problemi di costipazione, stitichezza: non vi dico che fatica a spiegare di che cosa si trattasse…tra inglese e Khmer è stato un’impresa! Ma alla fine tra l’imbarazzo di Kanika e le risate mie e di Mat ci siamo intesi.
Così Orm si assenta un attimo e torna con una busta piena di foglie triturate. Quelle foglie appartenevano ad una pianta che ha chiamato “Konghetthom”. Chi di voi mi conosce bene sa che ne farò buon uso… Quindi: una mano in acqua da far bollire cinque minuti e bere tre tazze al giorno.
L’uomo medicina non si limita a somministrare piante per via orale o topica, bensì ci ha raccontato di un rimedio che ci è suonato un tantino “sciamanico”. I protagonisti di questo aneddoto sono le donne che hanno abortito e i rami di un albero dal nome “Kompong bayreoung”. È consuetudine che in questa occasione si leghino attorno ai fianchi della donna dei rami, appartenenti a piante di età diversa, di questa specie: questo permetterebbe alla donna di guarire.
Dopo aver “bevuto” tutte queste parole lo abbiamo ringraziato infinitamente e abbiamo immortalato quel momento in una fotografia che, vista la timidezza di Orm, custodirò senza pubblicarla.
Non mi sembrava vero di aver vissuto quei momenti quando, poco dopo, stavamo guidando allontanandoci… Eppure era successo….
Quanti momenti così ancora voglio vivere!!!!

The fishermen on the way
The fishermen on the way

Tornando a Kanika: invito tutti quelli di voi che si dovessero trovare, per qualunque fortuito motivo, nei pressi di Battambang a fare una visita al giardino!! Ne rimarranno estasiati!

E non è finita!!!

Durante il nostro soggiorno a Battambang abbiamo potuto gustare le prelibatezze del cafè HOC (Hope of Children, una ONG che ha sede nelle campagne di questa prolifica città).

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The café
The café

Il cafè è gestito da una donna giapponese che, assieme ad un monaco buddhista cambogiano portano avanti questo meraviglioso progetto.
Lui si chiama Muny ed ha avviato il progetto nel lontano 1992, quando ancora non aveva uno spazio appropriato per ospitare tutti i bambini, dunque ospitava bambini maschi nella Pagoda, dove le bambine femmine non sono ammesse.
Muny riuscì poi a trovare lo spazio dove si trova or la fattoria che ospita i bambini e le loro attività ed è in quel L’associazione ha, infatti, l’obbiettivo di fornire un supporto a quei bambini che ha incontrato, le cui famiglie sono rimaste vittime di violenza o di AIDs.

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I bambini qui giocano, frequentano la scuola del Paese al mattino o al pomeriggio, e nel resto della giornata partecipano alla classe di giapponese tenuta da alcune volontarie affezionate.
L’associazione ha trovato aiuti monetari da parte di famiglie giapponesi, italiane e francesi ed è stata in grado, in questo modo, di costruire dormitori per i bambini e per le bambine.
Muny e Ryoko si sono interrogati spesso su quale potesse essere il modo per assicurarsi delle entrate, senza dover fare affidamento sulle donazioni, (sempre ben accette), e sono giunti alla conclusione di aprire un cafè dove offrire prodotti freschi, gustosi e deliziosi appartenenti alla cucina tradizionale giapponese è Khmer. Le provviste che vengono utilizzate nel caffè vengono, per quanto la stagione lo consenta, dai campi che i ragazzi, Muny e Ryoko coltivano a riso, verdure e frutta attorno alla Fattoria.

The HOC café
The HOC café

Infatti, gli abitanti del villaggio hanno concesso loro quei campi poiché Muny è stato in grado di costruire un Tempio Buddhista dove gli abitanti del villaggio possono recarsi per le loro preghiere e donazioni a Buddha.

Insomma: un lavoro ben fatto!
I nostri complimenti a Muny e Ryoko che donano ogni giorno la loro esistenza a questi bambini, i quali, altrimenti, forse non avrebbero un futuro.
Andate a trovare anche loro se capitaste da quelle parti!! Trovate le indicazioni sul volantino in foto postata qui sotto.

Ah, dimenticavo, per chi di voi volesse cambiare vita o si trovasse ad avere un lungo periodo da voler dedicare agli altri può contattare Muny e/o Ryoko e andare a fare volontariato alla Fattoria e al caffè!

La nostra visita a Battambang era ormai al termine: soddisfatti e felici degli incontri salutammo la città al mattino presto, lasciandola per dirigerci verso nuovi orizzonti…

A presto a tutti!

Fuori dal finestrino verso Kampot

11-12-2018
È mattina presto quando partiamo da Sihanoukville, luogo che ci ha trattenuti per la notte di ritorno dall’isola di Koh Ta Kiev. Siamo diretti a Kampot dove ci aspettiamo di trovare una vita diversa da quella che abbiamo respirato fino ad ora: meno turismo e meno speculazione da parte dell’economia cinese su quella Cambogiana.
Risultato di uno sfruttamento delle potenze politiche alla fine degli anni ’60 e per tutti gli anni ’70, quando il territorio Cambogiano è stato lo scenario di una contesa tra potenza Cinese che giocava in Vietnam del Nord e Potenza Americana che tentava di reprimere il comunismo che dilagava oramai in queste terre, ciò che è rimasto della storia e delle tradizioni Cambogiane è poco visibile. Tuttavia ci auguriamo di trovarlo in qualche zona meno corrotta dal turismo sfruttatore occidentale o quanto meno più remota del Paese.
Viaggiamo in un minivan con altri turisti (non abbiamo trovato altra scelta) e qualche persona locale..
Finalmente ci siamo allontanati da Sihanoukville: abbiamo goduto della vita della costa per qualche giorno, ma ora è proprio tempo di ripartire.
Nelle cuffie suona “Huun Huur Tu”, collezione di canti di Tuva, che riecheggia nel nostro viaggio come una colonna sonora per quelle immagini che vediamo scorrere fuori dai finestrini.

Le 'acune!
Le ‘acune!

Mucche al pascolo ogni dove, il verde selvaggio delle foreste, abitazioni lussuose accanto a modeste baracche, negozi e bancarelle ambulanti, la vita della gente per cui tutto questo è la norma di ogni giorno.

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Mi sistemo sul seggiolino dopo uno degli svariati slalom effettuati dall’autista per evitare di cadere in qualche buca: le strade sono un rattoppo di sassolini, terra battuta, asfalto ed ogni tanto macerie.
Niente paura: l’autista è abituato! Noi un po’ meno, ma ci fidiamo e ci abituiamo.

Mat sta leggendo qui accanto a me ed alterna le parole di Terzani allo sguardo di ciò che sta accadendo.

Cosa sta accadendo?

Tutto attorno a noi è vita!
Tornano le vacche: sono magre, ma, per grazia divina, non manca loro da brucare.

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Tuttavia, all’immaginario bucolico e romantico che abbiamo di questi paesi, si contrappone la pura realtà che è quella della spazzatura dovuta ad una mancata sensibilizzazione dei locali verso un uso critico delle risorse e, noi pensiamo, anche al fatto che la presenza dei turisti vuole un confezionamento spropositato dei cibi: infatti si trova con facilità cibo confezionato, imbustato, cibo spazzatura, cibo importato e soprattutto grandi marchi che non voglio nominare, ma sono, ahinoi, pesantemente presenti.

È difficile trovare sulla strada frutta e verdura a buon prezzo perché la faccia del forestiero è inequivocabile… Però piano piano stiamo imparando a conoscere i luoghi giusti ove non farci infinocchiare.

"Monnezza"
“Monnezza”

La spazzatura: ricordate quando poche righe fa vi ho parlato dell’imballaggio e del confezionamento dei cibi? Ebbene sì: è un grosso problema…
Infatti non troviamo la raccolta differenziata da nessuna parte…Tutto accatastato insieme e, soprattutto, accatastato… Abbiamo passeggiato lungo rive stupende dove coesistevano il selvaggio e la spazzatura: un vero dramma! La questione è che pare che neppure il popolo Cambogiano sia interessato a curare e preservare quanto di bello li ospita e gli sta attorno: il loro Paese, la loro terra, la loro cultura… Sarà perché “qualcuno” ha provveduto, in un recente passato, a cancellarla? Sarà per loro semplice non curanza? Diverse abitudini, visioni e diversi principi.
Sarà quel che sarà, ma vederli in questo modo, irrispettosi verso loro stessi mi addolora e mi auguro che, ben presto, assorbano l’ usanza della raccolta differenziata, materiali più eco compatibili e, ancora meglio, meno imballaggi e non solo le cattive abitudini di “noi” occidentali.

Foresta Cambogiana
Foresta Cambogiana

È incredibilmente ammirevole tuttavia il modo in cui interagiscono tra di loro: si danno una mano, sempre, anche se non si conoscono…e non ci è ancora capitato di sentire qualcuno che parli alle spalle di altri… caratteristica stupenda con cui guadagnano 1000 punti!

P.S. I giorni passano e non sempre abbiamo a disposizione il WI-FI, dunque talvolta racconterò pensieri di momenti differenti più o meno passati.

Grazie ragazzi di partecipare al nostro viaggio!

In marcia verso il Sud Est Asiatico

Non ci par vero!
Eppure sì! Sì ci siamo arrivati…Siamo arrivati a questo fantastico momento di partire…anzi siamo già in cammino…

Eccoci oramai da due settimane nella regione del Sud Est Asiatico, l’Indocina…
I preparativi son stati tanti, e ci sono voluti 3-4 mesi per realizzare di giorno in giorno quello che saremmo andati a fare…poi, arrivato il giorno, cio che avevamo ricercato e letto riguardo a queste zone tanto meravigliose quanto vaste, ci è stato utile sì, ma preannunciava soltanto quello che poi avremmo trovato al di qua.

Partiti da Milano Malpensa io e Mat, il mio compagno d’Esistenza, stiamo saziando momento per momento il nostro desiderio di avventura!

Infatti l’ingegno ci è dovuto venire già in aiuto quando, all’aereoporto di Malpensa, affamati, prima di imbarcarci, abbiamo deciso di prenderci un tramezzino ad una macchinetta di vivande: il pacchetto è rimasto incastrato! Usando diversi stratagemmi finalmente dopo un quarto d’ora di tentativi i nostri spazzolini sono stati utili per la missione ed abbiamo fatto ricredere gli asiatici che ridevano di noi sotto i baffi!

Partiti da Malpensa alle 9:30pm, con scalo di due ore in Oman all’aeroporto di Muscat tra le 6:30am e le 8:30am, abbiamo volato verso Bangkok Suvarnabhumi fino alle 5:30pm (orari locali). Non c’è bisogno di dire che eravamo a pezzi!
Attraversa la sicurezza della frontiera, mostra i documenti, tutto apposto, trova gli zaini al recapito bagagli, metti qualcosa sotto i denti, capisci come funzionano i taxi, salta su un taxi che ti porti al primo dormitorio, (uno dei due soli prenotati su un viaggio da 85 giorni), check in al dormitorio… Insomma si erano fatte circa le 9pm… Con un fuso orario sulle spalle ci si doccia e ci si lascia sopraffare dal sonno….Dormimmo divinamente!
Il dormitorio una stanza doppia in stile thai moderno senza nessuna pretesa al terzo piano di un palazzo accanto ad un cantiere in movimento tutta notte (abbiamo potuto capire così che chi lavora fuori lo fa di notte, cosi non e obbligato a patire l’afa e i raggi solari….).

Piccolo inciso: noi siam partiti con i nostri vestiti invernali da Pavia, quando a Bangkok ci sono tra i 20 ed i 38 gradi in questo periodo XD eravamo abbastanza provati….

L’indomani mattina sveglia per lasciare la camera prima delle 11am: ci ritroviamo fuori sotto il sole ad aspettare un automezzo ignoto che ci porti in fondo alle strada dove, dicono, dovrebbe esserci un autobus verso il centro…Ci trovavamo a 30 km da Bangkok…
Lo sapevamo che non saremmo stati in centro: per la prima notte prenotammo una stanza che fosse “vicina” all’aeroporto tant’è che il nome del dormitorio è Bedroom Suvarnabhumi, peccato aver presunto che ci fossero mezzi di trasporto pubblici che da lì ci avrebbero portato in centro o quantomeno all’aeroporto dove avremmo potuto trovare altri mezzi verso il centro… Non ce n’era uno XD
Dunque eccoci lì, al di là della strada, a chiedere informazioni a un ristorante baracca molto accogliente dove nessuno parlava l’inglese… Fu così che ci accorgemmo di avere fame e, senza disdegnare il locale all’aperto, ne approfittammo con una zuppa locale…

La fortuna dell’ultimo arrivato ci si presenta di fronte: una ragazza thai parla un po’ di inglese e quando la raggiunge il suo compagno si propongono di accompagnarci alla stazione dei treni…

Ci sarà da fidarsi oppure no?

Io non avevo dubbi…Accettai immediatamente la proposta e quando Mat tornò dalla sua prima esperienza in una toilette DAVVERO thai, (è sopravvissuto egregiamente), lo informai della cosa.
Dopo poco ci ritroviamo, con questa coppia thai super disponibile, ad attraversare la periferia di BKK verso una stazione dei treni: lui un musicista thai pop e lei…la sua ragazza.
Arriviamo in stazione e vogliamo dare una ricompensa ai ragazzi, che però non accettano nulla se non dei grandi sorrisi…e così ci salutiamo.

Entrati alla stazione seguiamo i loro consigli e prendiamo un treno che ci porta in centro dove ci aspetta una lunga camminata con i nostri bagagli: due zaini da trekking, uno da 100 l di Mat e l’altro che porto io da 75 l rimediato dal cugino di Mat (grazie Dave!!!).
Camminiamo con diversi Tuk Tuk che si propongono di darci un passaggio che noi rifiutiamo.
Dopo 20-30 minuti di cammino al caldo comincio ad accusare alle spalle…un leggero indolenzimento…
Ma niente paura! Mentre guardiamo la mappa alla ricerca delle direzioni per il dormitorio prenotato per il secondo giorno un ragazzo locale si offre di darci informazioni…noi, fiduciosi dalla prima esperienza, vissuta poco prima, ascoltiamo interessati e, soprattutto, cerchiamo di interpretare quello che l’omino ha da dirci …

Vuole aiutarci?

Ci ritroviamo su un Tuk Tuk per andare all’ufficio turistico che ci vuole vendere un pacchetto viaggio costosissimo, quindi gli facciamo capire che non siamo interessati e ce ne andiamo….

Senza tediarvi ad oltranza con tutte le vicissitudini che abbiamo passato, vi dico soltanto che diffidare un pochino in questi casi è consigliabile… Sia ringraziato il cielo e tutto l’universo che a noi è andato tutto bene e non ci è successo nulla…anzi ne siamo rimasti divertiti in un certo qual modo. Siamo anche rimasti soddisfatti di aver trascorso, in seguito, un paio d’ore scambiandoci opinioni con un gruppo di ragazzi thailandesi che bevevano Rum come fosse una bibita analcolica… era una scena davvero buffa..

Era l’indomani mattina e dopo una bella tazza di caffè siamo partiti per Wat Phra Kaew: troppa fila, troppi “sghei” e con l’ora che s’era fatta…tappa posticipata a quando ritorneremo a Bangkok, ma niente paura!!!!

Camminiamo verso il fiume, ma in realtà giriamo l’angolo e ci rendiamo conto di essere arrivati a Wat Pho! L’ingresso è più abbordabile, niente fila e fa orari più lunghi.
Entriamo e guardandoci attorno ci rendiamo conto di un’estrema bellezza posata su di ogni cosa… Wat Pho è uno dei siti con più riproduzioni dell’immagine del Buddha al mondo…
Credo che le fotografie possano parlare per me 😉

Pagoda
Pagoda
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Il Grande Buddha
Il Grande Buddha

Rappresentazioni usate per insegnare la Medicina Tradizionale
Rappresentazioni usate per insegnare la Medicina Tradizionale

Quindi salterò subito a Koh Chang: isola splendida!

Siam arrivati sull’isola e ci siamo presi un momento in riva al mare per lasciare dileguare un po’ di taxi appostati in attesa di turisti…In questo modo abbiamo potuto sperimentare l’autostop in Thailandia: quello che abbiamo potuto notare è stato che la gente locale non si sarebbe mai fermata a darci un passaggio poiché rispettosi, giustamente, del lavoro dei loro compaesani, infatti aspettavamo che un turista avesse il buon cuore di raccattarci e farci appropinquare alla zona dove avremmo dormito.
E così fu!
La prima anima che si fermò fu una donna che viaggiava assieme ad un’altra donna. Sguardo pacifico, sereno, gioioso. Donna americana molto disponibile che possiede un resort sull’isola. Ci da molte informazioni, consigli, dritte su come muoverci e comportarci sull’isola e ci lascia prima di girare verso la strada che porta al suo Resort.

Lì troviamo un “7-eleven” dove possiamo pensare a come nutrirci quella sera. Visitiamo il negozio e dopo una decina di minuti reincontriamo la donna che ci suggerisce di trovare un passaggio per la nostra meta prima del buio. Così ci posteggiamo fuori da 7e e mentre mangiamo un signore tedesco sugli 80 si sofferma a parlare con noi ed anche lui ci parla di come funziona lì sull’isola è in quel momento vedo che fa un cenno dietro di noi, dunque mi giro e vedo un tizio americano che ci dice di attenderlo poiché stava recandosi anche lui oltre la collina (dove dovevamo andare noi) e ci avrebbe dato un passaggio. E così fu!
Ottimo! Secondo viaggio sul pick-up!
E da lì in poi saranno le foto a raccontare….

bty
The waterfall

Le diverse Mangrovie
Le diverse Mangrovie

dav
The mandragore walk

hdr
The beach

dav
Sulla spiaggia di Sihanoukville

Il mare dalla nostra capanna
Il mare dalla nostra capanna

bty
In barca verso Koh Ta Kiev (isola)

Vista dal nostro appostamento
Vista dal nostro appostamento

>abiamo dormito in amaka in riva al mare: splendido, dovete provarlo!< Mat al bar! Mat al bar![/caption]

Gita nella giungla
Gita nella giungla
Palma d cocco appena nato
Palma da cocco appena nato
Granchietti sulla spiaggia
Granchietti sulla spiaggia

Vi saluto con questi scatti e vi dò appuntamento al prossimo collegamento!!